martedì 31 marzo 2015

LE SPUGNE



I poriferi o spugne (Porifera Grant, 1836), dal latino portatori di pori, sono un phylum animale.
Si tratta di organismi pluricellulari, aventi corpi ricchi di pori e canali che permettono all'acqua di circolare attraverso essi; sono fondamentalmente costituiti da un sacco, o spongocele, strutturato come un composto gelatinoso o mesoglea collocato tra due strati sottili di cellule, il coanoderma, interno e il pinacoderma, esterno. Le cellule non differenziate nella mesoglia, o archeoblasti, in grado di trasformarsi ad assumere funzioni specializzate, possono migrare tra gli strati di cellule principali e la mesoglia. Posseggono una struttura scheletrica, l'endoscheletro, formato da spicole calcaree o silicee, o costituite da fibre proteiche di spongina, prodotto da cellule specializzate. Le spugne non hanno apparati o organi differenziati; la maggior parte delle funzioni si basano sul mantenimento di un flusso costante di acqua attraverso i loro corpi per ottenere cibo e ossigeno e rimuovere i prodotti catabolici.

Le spugne sono, come gli altri metazoi, pluricellulari, eterotrofe, non possiedono parete cellulare e producono spermatozoi e ovocellule. A differenza di altri animali, non hanno veri tessuti e organi, e, generalmente, non hanno simmetria somatica. Le forme dei loro corpi sono adattate per la massima efficienza del flusso di acqua attraverso la cavità centrale, dove deposita nutrienti, ed esce attraverso un foro chiamato osculum. Gli scheletri interni sono di spongina e / o formati da spicole di carbonato di calcio o silice. Tutte le spugne sono animali acquatici, in maggioranza marini e sessili; vi sono anche specie d'acqua dolce, e colonizzano ambienti che vanno dalle zone di marea alle profondità superiori a 8000 m.

Analisi molecolari dal 2001 hanno concluso che alcuni gruppi di spugne sono più strettamente imparentati con gli eumetazoi (la stragrande maggioranza degli organismi animali) rispetto al resto dei poriferi. Tali conclusioni implicano che le spugne non sono un gruppo monofiletico, poiché l'ultimo antenato comune di tutte le spugne sarebbe anche un antenato diretto degli eumetazoi, che non sono spugne. Uno studio condotto sulla base di confronti di DNA ribosomale ha concluso che la divisione più importante all'interno del phylum è tra spugne vitree o hyalospongiae e il resto del gruppo, e che gli eumetazoi sono più strettamente correlati alle spugne calcaree, quelle con spicole di carbonato di calcio, rispetto ad altri tipi di spugna. Nel 2007 una analisi basata sul confronto di RNA e un'altra basata principalmente sul confronto di spicole ha concluso che demosponge e spugne di vetro sono più strettamente correlate tra loro che non altre classi, come le spugne calcaree, che a loro volta sono più strettamente legate agli eumetazoi.

Queste ed altre analisi, hanno stabilito che le spugne sono i più vicini parenti degli antenati comuni a tutti metazoi, ovvero tutti gli animali multicellulari. Un altro confronto nel 2008 di 150 geni in ciascuna di 21 specie che vanno dai funghi all'uomo, ma includente unicamente due specie di spugna, ha suggerito che gli ctenofori siano il lignaggio più basale dei metazoi inclusi nel campione. Se questo è corretto, i moderni ctenofori hanno sviluppato le loro strutture complesse indipendentemente da altri metazoi, o gli antenati delle spugne "erano più complessi" e tutte le spugne conosciute si sono drasticamente semplificate nelle forme. Lo studio raccomanda ulteriori analisi utilizzando una gamma più ampia di spugne e altri metazoi semplici come i placozoi. I risultati di tale analisi, pubblicata nel 2009, suggeriscono che il ritorno alla visualizzazione precedente, con le spugne alla base dell'albero evolutivo, possa essere giustificata. un dendrogramma costruito utilizzando una combinazione di tutti i dati disponibili, morfologici, di sviluppo e molecolari ha concluso che le spugne sono in realtà un gruppo monofiletico, con i cnidari formati il gruppo gemello ai bilateri.

Si era ipotizzata, nel XX secolo, una loro origine filogeneticamente indipendente dagli altri phylum animali, secondo cui i poriferi si sarebbero evoluti da ceppi ancestrali di organismi unicellulari dotati di flagello (protozoi coanoflagellati) aggregatisi in colonie.

Le prime testimonianze fossili della esistenza dei Poriferi risalgono a circa 570 milioni di anni fa (fine del Precambriano): i reperti di quel periodo, la cosiddetta piccola fauna dura (dall’inglese small shelly fauna), sono costituiti in gran parte da ammassi di spicole di poriferi, assieme frammenti o resti disarticolati di altri organismi quali molluschi, brachiopodi, echinodermi.
Fossili di Protospongia sp., un porifero con struttura simile a quella degli attuali Hexactinellida, risalenti al Cambriano inferiore (circa 540 milioni di anni fa) sono stati rinvenuti nell'argillite di Burgess, in Canada, mentre i primi fossili di Demospongiae (Hazelia sp.), risalenti a circa 525 milioni di anni fa, sono stati ritrovati nei giacimenti fossili del Chengjiang (Cina).

I Poriferi sono animali bentonici.

Sono filtratori e si nutrono di piccoli organismi e particelle organiche che fluttuano sospese nell'acqua. Il sistema di filtraggio è possibile grazie all'azione dei coanociti, cellule flagellate che, muovendosi ripetutamente, creano una corrente di risucchio che permette all'acqua di attraversare i pori, entrare nelle cavità della spugna e, in seguito, fuoriuscire dall'osculo. I coanociti sono muniti di un collaretto, estensione citoplasmatica composta da microvilli, che circonda il flagello ed imprigiona l'alimento. Le particelle catturate penetrano nel coanocita per essere trasferite agli amebociti del mesoilo, dove avviene una digestione intracellulare.

È stato dimostrato che non tutte le specie di porifera sono filtratori, ma che al contrario alcune di esse sono carnivore. Si nutrono di crostacei ed altri piccoli animali, e per la maggior parte appartengono alla famiglia delle Cladorhizidae, e, in misura minore se ne trovano anche fra le Guitarridae e le Esperiopsidae. Nonostante si conosca ancora poco del meccanismo di cattura, è noto come alcune specie avvicinino e catturino la preda con delle strutture 'a velcro' o tramite delle strutture simili ad uncini formate da spicole. La maggior parte di queste specie vive in acque profonde, oltre gli 8800 metri.L'esplorazione dei fondali marini ne sta portando alla luce sempre di nuove.

La maggior parte delle specie carnivore hanno perso il loro sistema acquifero, nonostante alcune specie usino un sistema acquifero modificato per gonfiare delle strutture in grado di fagocitare la preda.

Le spugne sono ermafroditi insufficienti. La loro larva è detta anfiblastula, e possiede un polo di cellule grandi e non flagellate (macromeri) e un altro di cellule piccole e flagellate (micromeri); queste ultime daranno origine ai coanociti ed hanno inizialmente i flagelli rivolti all'interno della cavità; successivamente l'intera struttura si rovescia come un dito di guanto in modo da esporre all'esterno i flagelli dei micromeri (modalità di sviluppo simile a quella di alcune microalghe verdi d'acqua dolce come Volvox) e si fissa al substrato, non subendo poi grandi cambiamenti: non vi sono infatti organi veri e propri, e anche la differenziazione in tessuti è rudimentale.

La riproduzione sessuale avviene tramite la trasformazione delle cellule coanociti, in spermi e/o uova. Gli spermi, liberi nell'acqua, verranno catturati da un altro individuo, tramite i coanociti che condurranno lo spermatozoo all'uovo. Questo tipo di riproduzione avviene solamente nel periodo primavera-autunno, a differenza della riproduzione asessuale.

La riproduzione asessuale avviene tramite la formazione di gemme, gemmule e propaguli. Le gemme si formano all'esterno del porifero, esse sono delle vere e proprie spugne in miniatura che staccandosi dalla "spugna madre" formano un nuovo individuo. Le gemmule invece si formano all'interno del porifero, esse sono composte internamente dagli archeociti, ed esternamente da particolari spicole che prendono il nome di anfidischi. La gemmula presenta un'apertura, il micropilo, dal quale fuoriusciranno gli archeociti una volta trovato un ambiente favorevole, che daranno origine ad un nuovo individuo. I propaguli (o larve corazzate) sono molto simili alle gemmule, si differenziano per la presenza di sei/otto/dieci stili e dal rivestimento di placche di natura silicea, denominate discotriene.

Una caratteristica dei Poriferi è la capacità di disgregazione-riaggregazione: se, ad esempio, una spugna viene disgregata con un setaccio si assiste ad una ricostruzione generale dell'organismo da parte degli amebociti. In natura questa capacità permette a questi semplici animali di dividersi in più individui e colonizzare maggiormente il substrato.

Il phylum Porifera è composto quasi esclusivamente da specie acquatiche filtratrici, bentoniche e sessili (vivono ancorate al substrato), in prevalenza marine, diffuse in tutti i fondali, dai tropici ai poli, fino a profondità abissali. Le spugne d'acqua dolce, rappresentate dalla famiglia Spongillidae (Demospongie), abitano i fiumi ed i laghi di tutti i continenti (escluso l'Antartide).

I Poriferi possono avere vita solitaria o costituire dense colonie che, come accade con le madrepore, diventano importanti habitat per comunità animali e vegetali.
Infatti, le loro cavità possono ospitare numerosi organismi simbionti (come piccoli crostacei, alghe unicellulari, cianobatteri, funghi.) In alcuni casi questi microorganismi possono costituire sino al 40% del volume della spugna e possono contribuire in maniera significativa al metabolismo dell'ospite, contribuendo, per esempio, alla fotosintesi o alla fissazione dell'azoto.

Una curiosa associazione mutualistica è quella che si instaura tra alcune specie di paguro e la spugna Suberites domuncula, che si accresce sulla conchiglia di gasteropode utilizzata come protezione dal paguro; in questo modo la spugna trae vantaggio ottenendo mobilità dal crostaceo ed evitando così di riempirsi di sedimento, mentre il paguro evita di essere predato grazie allo sgradevole gusto e odore del porifero. Inoltre la Suberites domuncula si accresce attorno al nicchio ed al paguro consentendogli di vivere tutta la vita all'interno della stessa conchiglia, evitando così di esporre l'addome molle ai predatori durante il cambio di conchiglia, inevitabile per chi non si avvale di tale mutualismo.
I Crostacei del genere Spongicola vivono come commensali all'interno di Ialospongie ma, una volta cresciuti, rimangono intrappolati nella cavità della spugna che, in genere, ne ospita una coppia, costretta così a rimanere "fedele" per tutta la vita.

Le spugne fanno parte della dieta di molti organismi marini (Pesci, Anellidi, Molluschi, Echinodermi, ecc.). Studi sulla dieta della tartaruga marina Eretmochelys imbricata hanno dimostrato che essa è costituita per il 70-95% da spugne della classe Demospongiae, in particolare da specie appartenenti agli ordini Astrophorida, Spirophorida e Hadromerida.



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IL PIU' BEL PESCE : PESCE D' APRILE

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Un topo furbo e anche un po' matto
questo scherzaccio fece a un gatto. 
Prese una lenza, un amo e un pesce 
e penzolare dal tetto lo fece.
Il gatto disse: « Miao! Che boccone!»
e come un lampo balzò sul balcone.
Addenta il pesce. Oh, mondo birbone!
il pesciolino è sol... di cartone!
« Ah, se t'acchiappo, topo birbante,
ti mangio intiero e in un istante! ».
Gli grida il topo tutto gentile:
« Non te la prendere: è il primo aprile! ».


Occhio alle spalle, il primo aprile, il giorno degli scherzi e delle notizie incredibili: i pesci d’aprile sono in agguato ovunque, a casa come in ufficio ma anche su internet, sui giornali ed in tv. Creduloni e non di tutto il mondo state attenti, siete avvisati. Ma come nasce questa strana "festa" che tanto abbiamo temuto soprattutto ai tempi della scuola? Il pesce d'aprile, "poisson d'avril" in Francia, "pescado de abril" in Spagna, conosciuto anche come "April Fool's day" (che in inglese significa "giorno dei buffoni di aprile") è una festa dedicata agli scherzi che si celebra, per così dire, oltre che in Italia, anche in Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Brasile fino ad arrivare in Giappone.
Ci sono molte storie sulla nascita di questa bizzarra ricorrenza, tuttavia l'ipotesi più convicente pare sia quella che l'idea di accostare gli scherzi a questa data abbia preso corda durante il regno di Carlo IX di Francia. Verso la metà del XVI secolo, in tutta la Francia le celebrazioni del nuovo anno cominciavano il 25 marzo e finivano una settimana dopo, il 1 aprile appunto. Nel 1564, attraverso il decreto di Roussillon, il re decretò l'adozione del calendario gregoriano facendo diventare così il primo giorno dell'anno il 1 gennaio. La leggenda vuole che molti francesi o contrari a questo cambiamento o che semplicemente se ne dimenticarano, continuarono a scambiarsi regali, festeggiando durante la settimana che terminava con il 1 aprile. Dei burloni però decisero di ridicolizzarli, consegnando regali assurdi, organizzando feste inesistenti, facendo nascere così la tradizione di fare scherzi il primo giorno di aprile.

Le origini del pesce d'aprile non sono note, anche se sono state proposte diverse teorie. Si considera che sia collegato all'equinozio di primavera, che cade il 21 marzo. Prima dell'adozione del Calendario Gregoriano nel 1582, veniva osservato come Capodanno da diverse culture distanti, come l'antica Roma e l'India. Il Capodanno era in origine celebrato dal 25 marzo al 1º aprile, prima che la riforma di papa Gregorio XIII lo spostasse indietro al 1º gennaio. In seguito a ciò, secondo una prima versione sull'origine di questa usanza, si creò in Francia la tradizione di consegnare dei pacchi regalo vuoti in corrispondenza del 1º di aprile. Il nome che venne dato alla strana usanza fu poisson d'Avril, per l'appunto pesce d'aprile.
Ma dato che l'usanza è un po' comune a tutta l'Europa, alcuni studiosi sono andati più indietro nel tempo e hanno ipotizzato come origine del pesce d'aprile l'età classica, ed in particolare hanno intravisto sia nel mito di Proserpina che dopo essere stata rapita da Plutone, viene cercata invano dalla madre, ingannata da una ninfa, sia nella festa pagana di Venere Verticordia alcune possibili comunanze con l'usanza attuale.

Una possibile origine dello scherzo d'aprile potrebbe essere data dalla data della morte di Gesù che secondo il calendario Gregoriano avvenne il 1º aprile del 33. I nemici del cristianesimo potrebbero aver adottato questa data per burlarsi dei cristiani che credevano in Gesù. Il pesce potrebbe essere stato preso dall'usanza dei primi cristiani di farsi riconoscere con il segno del pesce, il cui nome in greco formava l'acrostico per "Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore" (ICHTHYS).

In Italia l'usanza dell'1 aprile è recente: risale al 1860-1880. La prima città ad accogliere l'abitudine francese fu Genova, dove la passione per gli scherzi d'aprile sbarcò nel suo porto così vivace. La tradizione si radicò prima tra i ceti medio-alti, poi prese piede anche tra il resto della popolazione.

Ogni paese ha un suo modo di chiamare la festa dell'1 aprile. In Francia, come in Italia, si usa l’espressione Poisson d’Avril - Pesce d'aprile.

Nei paesi anglofoni, come Regno Unito e America, invece, si chiama "April fool’s day" ("Il giorno dello sciocco d’aprile"), dove il termine "fool" richiama alla mente il "Fool", il giullare delle corti medioevali, sottolineando così la connotazione scherzosa della festa. Infine, in Germania "Aprilscherz" è più semplicemente lo "Scherzo d’Aprile".
Nella Scozia delle Highlands invece, il pesce d'aprile dura due giorni, nel secondo, il "Taily Day", ci si diverte ad attaccare sulla schiena dei malcapitati (sciocchi o gawls) un cartello con la scritta "Kick me!" (Dammi un calcio).

In Portogallo, i giorni dedicati agli scherzi sono la domenica e il lunedì prima della Quaresima in cui interi pacchi di farina vengono gettati sugli amici!

Anche l'India ha il suo pesce d'aprile. Cade però un giorno prima, il 31 marzo. In quella data si celebra la festa Huli per celebrare la primavera e prendersi gioco di tutti.

Ovunque, in Europa e nel mondo, l'1 aprile si festeggia ancora un po' Carnevale!

Gli anglosassoni invece connotano questa giornata con l'espressione "april's fool day", letteralmente il giorno dello sciocco di aprile, utilizzando la parola fool che secondo qualcuno dovrebbe indicare un folletto di origini medievali. Nella Scozia delle highlands invece, il pesce d'aprile ha una curiosa appendice nel taily day, ovvero giorno delle natiche, durante il quale, ci si diverte ad attaccare sulla schiena dei malcapitati (sciocchi o gawls) un cartello con la scritta kick me (dammi un calcio). Insomma, un po' ovunque in Europa e nel mondo quella del "pesce d'aprile" è una leggera evasione, un modo per sdrammatizzare gli eventi e "prendere la vita" con più leggerezza…

Il nome "Pesce d'aprile", che si rivolge alla vittima degli scherzi, deriva dallo zodiaco: qualsiasi evento accaduto in quella data era relazionato con il fatto che il Sole lasciava la costellazione dei Pesci. Da qui l'usanza di "festeggiare in modo insolito" il primo aprile si è diffusa in tutto il mondo, assumendo connotazioni particolari nei vari paesi.I nostri cugini francesi utlizzano simbolicamente l'immagine del sole, nel suo passaggio dal segno dei Pesci a quello dell'Ariete.


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IL FISTIONE TURCO

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Il Fistione turco (Netta rufina, Pallas 1773) è un uccello della famiglia delle Anatidae.

Molto accentuate le differenze tra i sessi. Il maschio adulto di Fistione turco presenta i tratti più caratteristici: ha la testa arrotondata arancione o rossiccia, con il becco e gli occhi rosso corallo e il petto nero. I fianchi sono bianchi, mentre il dorso è castano e le ali presentano sfumature rossicce. La femmina si distingue per il mantello bruno, le guance bianche e gli occhi scuri. La taglia media del Fistione turco è di 54-58 cm, con un’apertura alare che raggiunge in media gli 88 cm.
Gli esemplari giovani sono simili alle femmine ma con dorso più scuro.

Il Fistione turco è presente in Europa, Asia e Africa. Predilige comunque le zone settentrionali, anche se difficilmente si spinge a nord del 55° parallelo. In Italia nidifica in Sardegna e in altre residue aree umide del nord Italia, in passato diffuse sull’intera Pianura padana. Il suo nido è generalmente immerso nella vegetazione palustre ed è ricoperto di piumino, che la femmina si strappa addirittura dal ventre.
I fistioni turchi depongono una covata l’anno, composta da otto a dodici uova e, in condizioni sufficientemente favorevoli, la specie non incontra problemi a riprodursi anche in cattività. Nei 26-28 giorni della cova la femmina abbandona le uova solo per i pochi istanti necessari per mangiare e bagnare il piumaggio. Una volta nati, i pulcini vengono protetti ancora per una trentina di giorni.
Per nutrirsi, gli individui di Netta rufina  mangiano piante acquatiche, ma anche insetti, pesciolini, sementi, molluschi, germogli, lumache e larve. A differenza della maggior parte delle anatre tuffatrici, questa specie si nutre anche restando in superficie o senza immergersi troppo nell’acqua. Ma, quando si tuffa, può arrivare dai due ai quattro metri di profondità.



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LA VOLPOCA

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La Volpoca (Tadorna tadorna, Linnaeus 1758) è un uccello della famiglia degli Anatidae.

Lunga tra i 55 e i 65 centimetri, ha un’apertura alare che può raggiungere il metro e 20. La conformazione è molto simile a quella dell’Oca selvatica, da cui però si differenzia marcatamente per i colori. In prevalenza le piume sono candide, mentre la testa e il collo sono verde scuro, con due macchie nere sul dorso e la caratteristica fascia rosso-bruna che le fa da collare. Una spessa striscia le tinge di scuro quasi tutto il ventre, così come la punta delle penne della coda e delle remiganti alari.
La completa perdita delle penne di coda e ali nella fase di muta impedisce alla Volpoca di prendere il volo finché la livrea non si è del tutto riformata.  Le zampe sono color carne, mentre il becco, rosso acceso in primavera, tende a sbiadire con l’arrivo dell’autunno. I maschi si distinguono per le dimensioni maggiori e per la protuberanza sul becco che si manifesta nel periodo della riproduzione, mentre le femmine hanno una macchia bianca tra il becco e gli occhi e presentano un piumaggio dai toni più tenui e meno contrastanti, con la fascia scura del ventre che quasi non si nota.

Questa anatra deve il suo caratteristico nome all'abitudine di occupare le tane delle volpi e dei tassi. E' diffusa lungo le coste dell'Europa settentrionale (soprattutto del Mare del Nord e del Baltico), in Asia (Cina, Giappone e laghi della Siberia). In Italia è stanziale in Sardegna. Popola le coste marine e le zone salmastre.

La dieta è a base di pesciolini, molluschi, insetti, erbe, sementi e bacche. In cattività si adatta ai normali mangimi ed alimenti bilanciati, integrando la dieta con vermi, crostacei e piccoli molluschi.
Di solito nidifica in tane e buche del terreno (spesso tane profonde abbandonate da volpi e tassi). Depone da sette a dodici uova dal guscio biancastro che cova per circa ventisei giorni. In cattività si riproduce senza difficoltà. Le coppie sono ha un legame stretto. I piccoli appena nati vengono condotti dalla madre verso la più vicina zona d'acqua per insegnare loro a nuotare e a nutrirsi.



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lunedì 30 marzo 2015

LA MORETTA DAL COLLARE



La moretta dal collare (Aythya collaris) è una piccola anatra tuffatrice del Nordamerica.
Caratteristica di questa specie è il tipico collare color cannella che circonda la base del collo dei maschi adulti. In ogni caso questo collare è visibile solo da vicino e solo a collo esteso. Il maschio adulto di Moretta dal Collare ha il becco grigio con una banda bianca, la testa viola brillante di forma triangolare, il petto bianco, gli occhi gialli e il dorso grigio scuro. La femmina adulta ha la testa e il corpo bruno pallidi con il dorso e il becco bruno scuro.

La Moretta dal Collare (Aythya Collaris) è diffusa in tutto il Nord America e sverna principalmente in America Centrale; durante la migrazione verso sud  alcuni esemplari raggiungono Panama, il Venezuela e addirittura la Costa Rica nel periodo compreso tra Ottobre/Novembre e Marzo/Aprile. Occasionalmente visita l’Europa Occidentale. Questa piccola Anatra Tuffatrice ha un carattere mite, predilige vivere in colonie spesso numerose ed è una grande migratrice. In cattività si alleva facilmente e forma piccoli gruppi insieme ad altre specie sue simili quali Morette Tabaccate e Morette Europee. Molto caratteristico è il loro volo estremamente agile e veloce. Tali specie possono tuffarsi fino a 15 m di profondità per nutrirsi fatta eccezione per il periodo notturno durante il quale non oltrepassano mai i 2 m di profondità. La Moretta dal Collare popola le aree alberate ricche di lagune e stagni, dove l’acqua raggiunge profondità sicuramente importanti e si nutre principalmente in acqua soprattutto immergendosi o anche in superficie. Tale specie si ciba di piante acquatiche così come di  molluschi, insetti e piccoli pesci. Il loro habitat di nidificazione è molto vario caratterizzato da piccole aree nei pressi  di laghi, stagni e acquitrini nelle foreste degli Stati Uniti e del Canada . La stagione degli amori inizia a primavera e le coppie di Moretta dal Collare spesso utilizzano nidi di altre anatre per deporre le uova. Le coppie che, al contrario, si occupano della costruzione del nido lo fanno con impegno e prediligono le zone sull’acqua come piccole isole o addirittura tappeti di erba galleggiante. La cova ha una caratteristica  forma a “scodella” e viene costruita con vegetazione acquatica e foderata di piumino, in un luogo parzialmente asciutto. La femmina di Moretta dal Collare depone sino a 10/12 uova e può rimanere con i piccoli fino a che questi non sono in grado di volare. A differenza della maggior parte delle altre Anatre Tuffatrici, in caso di pericolo, le femmine scortano i piccoli piuttosto che farli allontanare in acque aperte e profonde che potrebbero nascondere insidie.
 
La Moretta dal collare è nella categoria A (uccelli comparsi in stato apparentemente selvatico) di diverse checklist europee. In Irlanda, Regno Unito e Francia (soprattutto nel Nord) è considerata un'accidentale annuale con individui che tendono a tornare sugli stessi siti di svernamento anno dopo anno, mentre in Islanda e Svizzera è più rara (rispettivamente 33 e 17 osservazioni accettate). In Austria vi è un solo record accettato riferito a una coppia di individui. La prima osservazione nel Paleartico Occidentale è del 1955 e da allora, molti sono gli altri paesi in cui è stata osservata: Faroer, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Polonia, Spagna, Portogallo, Romania, Algeria, Marocco, Azzorre, Madeira, Canarie.

Un particolare curioso è che l'esemplare che è servito a descrivere la specie nel 1801 risulta essere stato catturato in Gran Bretagna, sebbene questo dato sia ben lungi dall'essere certo.




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IL GABBIANO PONTICO

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Il gabbiano del Caspio (o gabbiano pontico) (Larus cachinnans Pallas, 1811) è un uccello caradriiforme appartenente alla famiglia Laridae, diffuso in Eurasia.

La specie ha una lunghezza di 56-68 cm e un' apertura alare 137-145 cm.
Il maschio e la femmina adulti in inverno hanno una livrea praticamente identica con addome, ventre e collo bianchi, testa bianca, dorso e ali grigio chiaro ed estremità delle ali nera con alcune macchie bianche. Il becco è giallo non molto alto e le zampe sono rosa. Nella parte bassa del becco, in prossimità della punta vi è una macchia rossa. L'occhio ha l'iride scura e un anello perioculare rosso appena accennato. I giovani hanno una colorazione di base bianca ma fittamente e pesantemente macchiata di marrone con zampe rosate e becco perlopiù marrone-nerastro; con il trascorrere del tempo (al quarto inverno) il piumaggio va ad assumere l’aspetto definitivo dell’adulto.

È un gabbiano sia predatore che saprofita. Durante la stagione riproduttiva si nutre spesso di piccoli roditori, come scoiattoli, e percorre anche lunghe distanze per spostarsi nelle zone steppose o boscose per trovarli.

La stagione riproduttiva ha inizio ad Aprile quando costruisce il nido su terreni piani e aperti, in vicinanza dell'acqua. Depone due o tre uova che vengono covate per 27-31 giorni.

Si riproduce nella regione del Mar Nero e del Mar Caspio, ma il suo areale si estende a est nell'Asia centrale fino alle propaggini nord-occidentali della Cina. In Europa si è insediato in Polonia e nella Germania orientale, ma si sposta a nord fino alla Svezia, Norvegia e Danimarca ed è stato più volte avvistato nell'Inghilterra sud-orientale, nell'Anglia orientale e nelle Midlands.
Alcuni stormi migrano a sud fino a raggiungere le zone mediterranee e l'Italia e si spingono anche al Mar Rosso e al Golfo Persico.


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LA PESCIAIOLA




La pesciaiola (Mergellus albellus) è una piccola anatra.
La Pesciaiola  è una specie che si trova in una vastissima area che si estende dalla Svezia alla Finlandia fino quasi al margine Orientale del continente; migrando lascia le sue aree riproduttive e si dirige nelle coste riparate o nei laghi dell'entroterra del Mar Nero, del Mar Caspio e del Mar Baltico. Sverna anche in Germania Settentrionale e nei Paesi Bassi e un piccolo numero raggiunge anche la Gran Bretagna. La Pesciaiola ha un carattere piuttosto riservato e mansueto e, soprattutto in cattività, cerca sempre di isolarsi e di rimanere in aree piuttosto tranquille. Ottima tuffatrice, nuota facilmente e con notevole galleggiabilità; fuori dall’acqua cammina bene e con un classico portamento eretto. E’ una specie che si trova principalmente nei pressi delle acque correnti a corso lento dove esistono foreste ad alto fusto della taiga asiatica, russa e scandinava, e si concentra in inverno nelle zone palustri ad acque dolci dell’Europa Centro Orientale. Sopporta bene il freddo e riesce ad alimentarsi anche quando buona parte della superficie è gelata, purché restino delle aperture nel ghiaccio attraverso le quali si immerge per pescare al di sotto della superficie stessa. Si nutre principalmente di piccoli pesci in inverno; nelle altre stagioni, predilige insetti anche se in cattività si è ormai abituata benissimo ai mangimi ed è molto ghiotta di tarme della farina. La Pesciaiola nidifica nelle cavità degli alberi; il nido è una piccola depressione, coperta col materiale vegetale a disposizione e con molto piumino. Le uova deposte a partire dai primi di Maggio, si schiudono dopo 26/28 giorni e i piccoli, molto attaccati alla madre, diventano indipendenti intorno ai 60/70 giorni. La Pesciaiola si distingue dagli altri Smerghi per la mole più piccola e per il becco molto più corto.Il maschio di Pesciaiola, con il suo aspetto da 'ghiaccio infranto', è inconfondibile, e in volo si riconosce molto bene la sua tinta bianca e nera.Da lontano, sembra uniformemente bianco con una evidente macchia oculare nera ma, da vicino, appaiono una cresta di piccole dimensioni, bianca e nera, e due sottili linee nere, una tra la base del collo ed il petto e l’altra tra il petto e il ventre. La femmina di Pesciaiola è più piccola, grigiastra, con qualche barratura bianca e con le guance bianche.


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IL GOBBO DELLA GIAMAICA

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I maschi adulti di Oxyura jamaicensis hanno il corpo rosso ruggine, becco azzurro ed muso bianco, con la parte superiore nera; le femmine adulte presentano invece un corpo grigio-marrone, muso grigiastro e becco scuro, con capo e guance striati. Le zampe di quest'anatra si trovano in una posizione molto arretrata rispetto al corpo dell'animale, per questo motivo cammina in modo goffo e nemmeno nel volo eccelle, in caso di pericolo preferisce dileguarsi a nuoto, immergersi o nascondersi nella vegetazione, in compenso sa nuotare agevolmente sott'acqua, si tuffa con estrema facilità e durante le immersioni utilizza come pinne per avanzare le zampe palmate mentre le ali rimangono chiuse. Per spiccare il volo batte velocemente le ali correndo sulla superficie dell'acqua.

Gli esemplari di questa specie raggiungono la maturità sessuale al primo anno di vita, la stagione riproduttiva è compresa tra maggio ed agosto, una volta formatesi le coppie, la femmina costruisce un nido fra i canneti in prossimità dell'acqua e vi depone generalmente dalle 6 alle 10 uova che cova per un periodo di 23-26 giorni, gli anatroccoli nati impiegano poco più di 50 giorni per completare lo sviluppo completo del proprio piumaggio. La femmina è molto attenta e premurosa nei confronti dei propri piccoli, proteggendoli dai pericoli, ben diverso è il comportamento del maschio che spesso abbandona la compagna durante la cova, mentre se rimane fino alla schiusa non manifesta comportamenti protettivi nei confronti della sua prole.

L'habitat caratteristico dell'Oxyura jamaicensis sono i laghi paludosi e gli stagni del Nord America, Sud America e delle Ande. Nidifica nella fitta vegetazione delle paludi, in prossimità dell'acqua, due volte all'anno. A causa di alcune fughe di esemplari da collezioni di uccelli selvatici, l'Oxyura jamaicensis si è ora stabilita anche in Gran Bretagna, da cui si è poi diffusa considerevolmente in Europa, soprattutto in Spagna, la sua ibridazione con il già raro gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala) ha determinato una forte diminuzione del numero di esemplari di quest'ultimo, portandolo in certe zone quasi sull'orlo dell'estinzione. Per scongiurare questa eventualità sono state intraprese varie iniziative, nel Regno Unito il gobbo della Giamaica è considerato una specie alloctona invasiva ed il governo ha ordinato l'abbattimento di tutti gli esemplari rinselvatichiti.


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LA CANAPIGLIA

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La canapiglia appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, uccelli acquatici conosciuti come anatre. È inclusa nel gruppo delle “anatre di superficie”, che immergono soltanto il capo per nutrirsi, senza andare sott’acqua completamente. La canapiglia ha dimensioni corporee medio-grandi (lunghezza compresa tra i 46 e i 56 cm) e i sessi sono morfologicamente distinti. Il maschio ha un elegante ‘abito’ grigiastro con le copritrici della coda e il sottocoda neri (evidenti quando è in acqua, anche ad una certa distanza), le copritrici delle ali castane e una macchia bianca sulle ali, evidente sia quando è in volo sia da fermo; il becco è grigio e le zampe sono di colore giallo-arancio. La femmina è invece marroncina, molto simile a quella di altre specie di anatre, a cui spesso si accompagna, distinguibile però dall’addome bianco e non marrone (come invece accade in Codone e Germano reale) e dalla coda più corta (rispetto al Codone) e le strisce arancio ai lati del becco. In entrambi i sessi è presente un evidente specchio alare bianco. Molto elegante nel portamento e nel nuoto, la canapiglia ha un volo molto agile ma poco lineare, con scarti bruschi e rapidi battiti d’ali; la forma appuntita delle ali consente di distinguerlo in volo dal Germano. Gli stormi in volo hanno una formazione disordinata. Si osserva spesso in gruppi misti con germani reali, ma, in alcune zone del suo areale riproduttivo, la Canapiglia nidifica all’interno di grandi colonie di gabbiani e sterne.

Sia durante la stagione riproduttiva sia in inverno, questa la Canapiglia evita il mare e le acque salmastre e turbolente, preferendo specchi d’acqua aperti (soprattutto bacini lacustri), con fondali bassi e ricchi di vegetazione, che costituisce il suo nutrimento primario. La canapiglia nidifica a terra, a non oltre 20 m dall’acqua. Si alimenta nuotando sulla superficie dell’acqua e raccogliendo la vegetazione galleggiante estirpata dal fondo da altre specie. Nidifica in Nord America e in Eurasia, alle medie latitudini delle zone temperate e mediterranee, un po’ più a sud rispetto ad altre anatre. L’areale di svernamento interessa, tra l’altro, l’Europa centro-meridionale e l’Africa settentrionale e tropicale (Sudan e Camerun). I contingenti orientali e nordici sono migratrici, le altre perlopiù sedentarie; gli individui del Nord Europa svernano soprattutto nelle aree del Mare del Nord, mentre quelli dell’Europa centrale e della Russia si dirigono verso il Mar Caspio, il Mar Nero e il Mediterraneo orientale. In Italia la canapiglia è soprattutto una specie migratrice regolare e svernante (nidificante localizzata); nella stagione fredda è solita fermarsi principalmente nelle zone umide del basso e alto Adriatico, dove sono pure presenti popolazioni nidificanti estremamente limitate. In Italia gli individui inanellati sono pochi: in alcune località (Friuli, Liguria, Emilia e Toscana) sono stati ricatturati giovani inanellati in Inghilterra, Polonia, Germania e ex-Cecoslovacchia; il passo autunnale avviene in ottobre-novembre, quello primaverile in marzo-aprile.

Le popolazioni europee nidificanti sono state stimate in un numero di coppie tra 70.000 e 120.000. In tutto il Paleartico occidentale la specie ha mostrato una tendenza all’incremento numerico e all’espansione dell’areale, a partire dal secolo scorso. Un sensibile decremento, evidenziato durante il periodo 1970-1990, riguarda però i contingenti nidificanti russi ed europei orientali, che costituiscono la quota maggiore delle presenze europee (circa 75%). Gli individui svernanti nelle regioni mediterranee e nel Mar Nero sono circa 75.000, numero che tende a diminuire rispetto agli anni ’70.In Italia le canapiglie nidificano soltanto una cinquantina di coppie (segnalate solo in alcune zone umide dell’Emilia Romagna e nella laguna veneta) e svernano poche migliaia di individui; dalle indagini dell’I.N.F.S. le popolazioni italiane risultano in aumento (+8,6% all’anno tra il 1990 e il 2000.

La Canapiglia è considerata in stato di conservazione non favorevole in Europa, a causa del largo declino numerico delle popolazioni orientali; il grado di minaccia complessivo è soltanto di “specie vulnerabile”, per la condizione di stabilità o di incremento numerico che si registra in altri Paesi europei. La popolazione nidificante è inclusa nella Lista Rossa italiana come minacciata “in modo critico”. Come molte altre specie legate ad habitat acquatici, la Canapiglia è particolarmente sensibile alla riduzione dell’estensione delle zone umide e al disturbo antropico, che influenzano non solo la nidificazione, ma anche il flusso migratorio. La progressiva desertificazione degli habitat, l’incremento dei fenomeni di eutrofizzazione (aumento della concentrazione di nutrienti dovuto agli scarichi) nei principali bacini idrici e l’aumento del disturbo da parte dell’uomo nelle zone umide sembrano infatti essere la principali cause della diminuzione della canapiglia nelle porzioni orientali dell’areale.Proprio a causa della particolare sensibilità della Canapiglia al disturbo, è prioritaria la necessità di costituire aree di rifugio, in particolare dove si concentrano grandi numeri di individui durante la stagione fredda; inoltre, poiché le acque poco profonde sono le prime a gelare durante gli inverni rigidi, è importante la creazione di una rete di rifugi nei siti di maggiore importanza.


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LA MORETTA CODONA

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La moretta codona (Clangula hyemalis, Linnaeus 1758) è un'anatra marina di medie dimensioni. È l'unico membro vivente del suo genere, Clangula. Sono stati ritrovati fossili di un congenere non ancora descritto provenienti dalla formazione di Sajóvölgyi del Miocene medio (Badeniano superiore, 13-12 milioni di anni fa) di Mátraszõlõs, Ungheria.

Gli adulti presentano le regioni inferiori bianche. Il maschio ha una lunga coda appuntita ed un becco scuro più chiaro nei pressi dell'estremità. In inverno, il maschio presenta una macchia scura sulle guance che risalta sullo sfondo della testa e del collo, principalmente bianchi, un petto scuro e la maggior parte del corpo bianca. In estate, il maschio ha la testa, il collo e il dorso scuri con una macchia bianca sulle guance. La femmina ha un dorso bruno ed una coda appuntita relativamente corta. In inverno, la testa e il collo della femmina sono bianchi con la sommità del capo scura. In estate, la testa è scura.

I maschi sono molto rumorosi ed eseguono un richiamo sonoro fatto di gorgheggi che risuona come un Ow, ow, owal-ow.

L'anatra dalla coda lunga è una delle specie protette dall'Agreement on the Conservation of African-Eurasian Migratory Waterbirds (AEWA).

La specie è distribuita nella regione dell’Artide circumpolare, e cioè nelle terre più estreme di Russia, Alaska, Canada settentrionale, Groenlandia, Islanda e penisola scandinava. I freddi oceani del nord e i vasti laghi nella regione settentrionale dell’oceano Atlantico costituiscono il suo habitat tipico di nidificazione. Frequenta prevalentemente le acque al largo dei bacini acquatici: come tutte le anatre tuffatrici, si immerge regolarmente fino a 50-60 metri di profondità, quando è alla ricerca di cibo. In acque marine caccia prevalentemente molluschi e crostacei; una volta terminata l’estate, tuttavia, può orientarsi verso saline, zone d’acqua dolce o salmastra, ricche di insetti, piccoli invertebrati acquatici e piccole porzioni di piante acquatiche. Semi e frutti sono il cibo prediletto nelle formazioni della tundra. Non è particolarmente abile in volo, che è caratterizzato da rigidi e frequenti battiti di ali, spesso con inclinazioni dall’uno o dall’altro lato.
Le coppie si formano in inverno, oppure durante la stagione migratoria. Il nido è collocato all’asciutto sul terreno, ben nascosto nel sottobosco oppure tra le rocce, comunque nelle vicinanze di un corso d’acqua. È costituito da una piccola zona concava ed è contornato di materiale vegetale e grandi quantità di piume e lanugine che la femmina vi aggiunge dopo avere deposto circa 5 o 6 uova. Trascorso poco tempo dalla schiusa, che avviene dopo un mese, i pulcini lasciano il nido, in quanto già capaci di nuotare e immergersi, nonostante la madre provveda ancora per diverso tempo al loro nutrimento. Il primo involo avviene a circa una settimana dalla schiusa.
Al di fuori della stagione riproduttiva, gli individui sono gregari e ricercano la compagnia dei propri simili, con i quali sorvolano le acque costiere marine e, talvolta, il mare aperto. In inverno, è possibile osservarne a centinaia, raggruppati in grandi stormi, appollaiati vicino alle coste oppure al largo. In Italia, dove la specie è migratrice e svernante regolare, la Moretta codona frequenta acque marine di media profondità (10-35 metri), estuari e zone circostanti di acqua dolce o salmastra, a volte grandi laghi interni tra cui i laghi prealpini, nei quali gli individui svernano in piccoli numeri. Durante i transiti passeggeri, la presenza è consistente nell’Alto Adriatico e sugli stessi laghi prealpini, leggermente più scarsa e irregolare in Toscana e in Emilia-Romagna. La più importante area di svernamento a livello continentale è il mar Baltico.


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LA MORETTA GRIGIA

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La Moretta grigia è una piccola anatra tuffatrice, di lunghezza compresa tra i 42 e i 51 centimetri. È sua abitudine tuffarsi nelle profondità dei laghetti alla ricerca di piante acquatiche e molluschi, che costituiscono la dieta principale della specie nelle aree costiere. Nelle zone di acqua dolce si nutre di altri tipi di vegetazione, come semi, steli e radici di piante. Il maschio di Moretta grigia, come i maschi di altre specie di Anatidi, possiede un piumaggio più colorato e ben definito rispetto alla femmina. Il capo è nero brillante con sfumature verde bottiglia; fianchi e ventre sono bianchi, mentre la parte posteriore è biancastra, con piccole macchie nere vermicolate. Il piumaggio della femmina è invece bruno, con macchie ovali bianche attorno al becco, di colore azzurro ghiaccio per il maschio e leggermente più opaco per la femmina. Le zampe sono grigie e gli occhi gialli per entrambi i sessi.

Compie grandi trasvolate attraverso le foreste boreali del Canada prima di raggiungere i territori di svernamento posti lungo la costa atlantica o nella regione dei Grandi Laghi; oppure migra attraverso il mare aperto dall’Alaska, sino alle terre della costa pacifica. La Moretta grigia può occasionalmente essere osservata durante l’inverno anche in America centrale e nei Caraibi. In Italia, dove è migratrice e svernante regolare, la sua abbondanza è molto variabile a seconda degli anni. I luoghi più importanti a livello nazionale sono le lagune di Grado e Marano e la baia di Ponzano, in Friuli-Venezia Giulia.

Le coppie di Moretta grigia nidificano abitualmente nella tundra, nelle zone di foresta boreale che si estendono dall’Islanda fino all’area settentrionale di Russia, Siberia e Scandinavia, e nel nord-ovest della zona artica americana. Qui, prediligono soprattutto acque costiere poco profonde, baie riparate, estuari e lagune salmastre; ma possono nidificare anche in grandi laghi e in bacini artificiali interni. Si stima che circa tre quarti della popolazione nord-americana nidifichi in Alaska. Il nido è spesso costruito sopra le isole all’interno di grandi laghi. È collocato in una depressione poco profonda del terreno, oppure nella vegetazione folta, all’interno di crepe delle rocce, sotto cespugli boscosi o, in Islanda, ben nascosto sotto erbe sempreverdi alte meno di 50 centimetri. La femmina vi depone circa 9 uova. Una volta nati, i piccoli non vengono mai lasciati indietro dalla madre; le nidiate non di rado possono riunirsi sotto la protezione di un’unica femmina. A tal proposito sono state osservate femmine con più di 30 anatroccoli al seguito. I giovani di Moretta Grigia sono in grado di volare dopo circa due mesi di vita anche se diventano completamente indipendenti dalla madre prima di essere totalmente in grado di volare. Tale specie migra a sud in stormi piuttosto consistenti sulle acque costiere; i maschi tendono a svernare più a nord delle femmine e ciò fa si che le coppie si incontrino solo a primavera.

Nonostante non sia una specie particolarmente gregaria, capita di vederla nidificare tra colonie di gabbiani e sterne.
In Nord America, le popolazioni di Moretta grigia e Moretta sono calcolate insieme, perché è molto difficile distinguerle durante i monitoraggi aerei, a causa del colore simile del piumaggio. La popolazione di Moretta grigia costituisce in Nord America circa l’11% della popolazione continentale totale; dagli anni ’80 in poi, tuttavia, questa ha cominciato a declinare lentamente. Uno studio relativo alla popolazione nidificante nel 2009 in questo territorio stima la popolazione di morette grigie in circa 4,2 milioni di individui.

La Moretta Grigia è piuttosto silenziosa, sicuramente gregaria e si trova spesso in mare aperto, sia questo calmo oppure mosso. Tali specie vivono a stretto contatto con il mare, poiché la loro attività alla ricerca del cibo è strettamente legata all’andamento delle maree anche se non disdegnano i grandi laghi e i pantani della tundra nelle foreste boreali. La Moretta Grigia si nutre immergendosi e nuotando sott’acqua soprattutto di molluschi, larve, insetti e piante acquatiche; durante la stagione riproduttiva la sua dieta può comprendere anche uova di salmone estremamente energetiche, caloriche e sostanziose. Si calcola che circa 10.000 coppie nidificano in Islanda nelle zone del lago Myvatn dove la concentrazione di larve è la più alta al mondo.


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LA DREISSENA POLYMORPHA

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Dreissena polymorpha. Questo è un bivalve non-indigeno invasivo, che, proprio grazie ai suoi ampi livelli di tolleranza nei confronti dei parametri ambientale , si è rapidamente diffuso dalla sua area di origine in mezzo mondo.
Dalla letteratura si sa che questi xenobiotici sono presenti in molti ecosistemi acquatici e sono in continuo aumento le loro concentrazioni, come effetto dell’aumento del loro utilizzo in molte attività antropiche.

Si dice Dreissena polymorpha perché la conchiglia è di forma varia, talvolta con cerniera di tipo eterodonte .
Come tutti i bivalvi possono essere chiamati anche Pelecypoda dal greco pelekis, accetta e pous, podos, piede. Sono compressi lateralmente e le due valve della conchiglia di D. polymorpha sono tenute insieme dorsalmente da un legamento a cerniera che determina l’apertura ventrale delle valve. I muscoli adduttori lavorano in maniera antagonista al legamento a cerniera mantenendo le due valve ravvicinate. Questa è triangolare, allungata con bordo superiore angolato e inferiore ristretto leggermente concavo. La conchiglia assomiglia per forma a quella di una cozza, Mytilus edulis (Linneo, 1758), può raggiungere i 50 mm; le dimensioni medie variano dai 20 ai 30 mm. La colorazione alterna bande più scure a quelle più chiare proprio per questo tale bivalve è conosciuto come “zebra mussel”, cozza zebrata. Si muove estendendo il piede muscolare attraverso l’apertura tra le due valve. Il bivalve pompa sangue nel piede, rendendolo turgido in modo che agisca come un ancora nel fango o nella sabbia, quindi i muscoli longitudinali si contraggono per accorciare il piede e far trascinare in avanti l’animale.
I sessi in D. polymorpha sono genericamente separati ma non rari sono i casi di ermafroditismo. Il ciclo di sviluppo della Dreissena polymorpha è distinto in tre fasi: larva veliger, post-veliger o giovani individui ed adulti. Se le uova vengono espulse all’esterno dalle femmine che il maschio
feconda si ha la fecondazione esterna se la fecondazione avviene all’interno della camera palleale si ha quella interna. La schiusa avviene dopo tre cinque giorni, le larve veliger trascorrono un mese di vita planctonica, per poi fissarsi tramite il bisso sul substrato o su piante. Dreissena colonizza tutte le superfici dure sommerse: pareti in cemento, tubature in metallo, bottiglie di vetro, ruote in gomma, sassi e strutture in legno. I nuovi nati durante l’estate incominciano a fissarsi in settembre. D. polymorpha si alimenta filtrando le particelle di cibo sospeso nell’acqua acquisendo così un ruolo importante nel ciclo della materia e nel flusso di energia dell’ecosistema lacustre. Filtra organismi microscopici vegetali animali (fitoplancton, rotiferi, protozoi) e composti inorganici. L’acqua entra nel sifone inalante e nell’apparato branchiale: le particelle più piccole vengono dirette alla bocca. Nello stomaco si ha un’ulteriore cernita: le particelle più piccole sono spinte da correnti ciliari nei diverticoli digestivi; quelle grossolane sono trasportate nell’intestino medio. Da studi fatti in laboratorio si è potuto vedere che il processo di filtrazione viene influenzato da parametri quali la qualità e quantità del phytoplancton, temperatura, torbidità, pH e viscosità della depressione. Si
è osservato, da casi presi in considerazione da questi autori, che la filtrazione aumenta all’aumentare della temperatura e del pH dell’acqua (pH > 7-8). L’alta viscosità dell’acqua porta a un decremento della filtrazione.
Le larve di Dreissena sono un alimento per giovani pesci e per alcune specie di copepodi.

Dreissena polymorpha è un bivalve originario dell’area Ponto-Caspiana.
La distribuzione di questo bivalve rappresenta la prima massiccia invasione di specie originarie da quest’area. E perciò fornisce un buon esempio di come e in che direzioni gli invasori Ponto-Caspiani sono in grado di estendere il proprio areale invasivo.
La costruzione di canali artificiali che hanno fin dal 18° secolo connesso tra loro i fiumi Dnieper, Neman e Vistula con altri fiumi europei hanno determinato dei corridoi di diffusione, che coprono l’intera superficie del centro Europa e delle coste del Mar Baltico. Recentemente è
stata segnalata anche in Spagna nella parte sud del fiume Ebro e anche nel lago Sheelin, Irlanda settentrionale.
In Italia, la specie è segnalata per la prima volta nel lago di Garda nel 1969, probabilmente trasportata sotto la chiglia delle imbarcazioni da diporto provenienti da altri laghi europei. Questo mollusco è sopravissuto al viaggio grazie al fatto che il bisso offre all’animale la possibilità di attaccarsi fortemente a qualsiasi substrato duro.
Successivamente è stata segnalata la sua presenza nel Lago di Ledro nel 1973 nel lago di Caldonazzo nel 1992. Nel settembre 2001 è stata osservato per la prima volta nel lago Grande di Monticolo, si tratta del primo ritrovamento della specie in Alto Adige. Dal Garda grazie al trasporto passivo da parte dei natanti e delle larve planctoniche, è dilagata nel bacino padano spingendosi a colonizzare anche il lago Maggiore, Lugano, Como e Iseo. E’ stata segnalata anche sui piloni delle darsene e sulle cannucce del Transimeno. Nel 2003-2005 si è registrata la presenza di organismi di “zebra mussel” anche nel lago artificiale Pavana in Toscana. Oltre alla presenza cospicua in fiumi della Turchia e Europa come Volga, Don, Dnieper e Danubio.
Nel corso degli ultimi tempi un gran numero di nuove specie si è aggiunto alla fauna ed alla flora italiane ed europee superando in un periodo relativamente breve le barriere geografiche presenti tra regioni distanti e spesso differenti dal punto di vista climatico. Questi organismi traggono incentivo a moltiplicarsi dai continui traffici commerciali e dal degrado degli ecosistemi. Vengono continuamente monitorati perché provocano danni all’economia e alla sicurezza sanitaria. Scenari di questa invasione europea sono soprattutto il biota marino e quello delle acque interne. Le immissioni e le introduzioni accidentali di specie esotiche come Dreissena polymorpha rischiano di alterare irrimediabilmente la fisionomia e la consistenza delle peculiari comunità di organismi autoctoni endemici, evolutisi in condizioni di isolamento. La nascita di idrovie artificiali ha portato alla caduta delle antiche barriere geografiche come quelle che distaccavano i bacini pontocaspici dal Mar Baltico e dai fiume dell’Europa media. Questi sono i percorsi preferenziali che, secondo questi ultimi autori ha seguito Dreissena polymorpha dopo essere stata confinata nell’area ponto-caspiana dalle glaciazioni pleistoceniche.
Le attività antropiche hanno rappresentato un fattore di accelerazione di un naturale processo di riconquista dell’antico areale di distribuzione,ridotto o frammentato dalle ultime glaciazioni o da più antichi eventi geologici, che hanno lasciato nei mari e nelle acque interne europee molte nicchie ecologiche solo parzialmente occuppate. Anche l’Italia entra in questa situazione e dal quadro delle immisioni di organismi acquatici esotici fornitoci dalla letteratura si percepisce che Dreissena polymorpha arrivò nel lago di Garda dopo aver oltrepassato passivamente la catena alpina nel 1969. L’impatto di Dreissena polymorpha sugli ecosistemi lacustri e fluviali evidenzia dinamiche e modalità d’inserimento spesso presenti tra le specie invasive. Ad un’iniziale “onda biologica” (biological wave) consistente in una massiccia proliferazione del bivalve nel nuovo habitat segue una graduale riduzione numerica dovuta anche all’aumentata pressione di predatori e parassiti, che ne favorisce nel contempo un inserimento più armonico nella biocenosi.
Nelle acque europee come in quelle del lago di Garda le proliferazioni di organismi alloctoni trovano incentivo nella destrutturazione delle comunità biotiche originarie, conseguente all’impatto delle molteplici azione antropiche.
L’immisione di pesci, crostacei o vegetali esotici in bacini d’acqua dolce, fluviali e lacustri finisce con l’eliminazione di organismi endemici a seguito di competizione, predazione, ibridazione o diffusione di parassiti.
Questo comporta la necessità di una gestione complessiva degli ambienti acquatici basata sempre più su criteri rigorosi dal punto di vista ecologico piuttosto che da quello della semplice produttività.

Sono molluschi predati da alcuni tipi di anatre (Anatra dal Ciuffo, Moretta) dalle anguille (Anguilla anguilla) e dai gamberi (astacus fluviatilis).
In alcuni paesi questi molluschi sono stati introdotti in grandi quantità perché grazie alla loro attività filtrante riescono ad eliminare la proliferazione del fitoplancton rendendo l’acqua particolarmente trasparente (da qui l’utilizzo anche per gli acquari domestici).
Data la sua alta capacità riproduttiva la sua introduzione in ambienti non autoctoni ha avuto riscontri spesso molto negativi legati al suo carattere infestante. Questo mollusco aggredisce infatti le tubature dell’acqua impedendo la risalita ed il corretto scarico.


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ORCHIDEA FIOR DI RAGNO

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L'Ofride verde-bruna (nome scientifico Ophrys sphegodes Mill., 1768) è una pianta erbacea spontanea in Italia, appartenente alla famiglia delle Orchidaceae.

Il nome generico (Ophrys), secondo quanto scrive lo scrittore romano Plinio il Vecchio (23 – 79), deriva da un'antica parola greca “οφρύς” e significa “sopracciglio”. Gli antichi (scrive sempre il naturalista latino) usavano appunto questa pianta per produrre una tintura per colorare le sopracciglia. Può essere però che il vero significato derivi molto più semplicemente dalla forma delle lacinie interne del perigonio oppure dalla pelosità del labello (carattere molto più evidente del primo). Il nome specifico (sphegodes) deriva, sempre dal greco, dalla parola "sphex" (= vespa) e si riferisce ai particolari disegni sul labello. In realtà altri in quei disegni vedono un addome di un ragno (da qui alcuni nomi comuni).
La denominazione scientifica attualmente accettata di questa orchidea (Ophrys sphegodes) è stata proposta dal botanico scozzese Philip Miller (1691 – 1771) in una pubblicazione del 1768, ottava edizione del suo Dictionnaire.

Piante il cui organo perennante è un bulbo da cui, ogni anno, nascono fiori e foglie.

Pianta alta 10-45 (55) cm con fiori dall'aspetto estremamente variabile, con 2 bulbi, ovoidi, interi, provvisti di radici filamentose.
Fusti eretti, semplici, cilindrici, lisci e glabri con
foglie basali in rosetta, con lembo ovale- lanceolato, verde scuro con riflessi argentati; le cauline ellittiche, acute, inguainanti, ripiegate a doccia, quelle superiori di dimensioni progressivamente minori, brattee, verdi o giallastre, erbacee, appuntite più lunghe degli ovari.
Infiorescenza a spiga molto rada composta da 4-10 fiori estremamente variabili, simulanti la forma di un insetto. Tepali esterni da verde a verde giallastro, concavi, glabri, col margine revoluto, di forma oblunga, il mediano più inclinato in avanti, quelli interni più corti, concolori, oppure variabilmente più chiari o più scuri, lanceolati generalmente tronchi e con margine increspato. Labello peloso, intero, ovato raramente trilobo, misura da 0,8-0,15 cm, quasi tanto largo che lungo, leggermente smarginato, di colore bruno cupo, vellutato, con gibbosità da appena accennate a più o meno evidenti e provvisto alla base di una piccola appendice rivolta in avanti e con una macchia lucida a forma di H , II, o X, allungata, da marroncina ad azzurrognola o bruno rossiccia. Ovario cilindrico.
IL frutto è una capsula fissuricida, eretta, oblunga con semi piani, reticolati.

Fiorisce da febbraio a giugno.

Vegeta in luoghi aridi, erbosi, garighe e pinete, su terreni calcarei, da 0 a 1200 m di altezza

Questa specie si caratterizza per un elevato polimorfismo causato dai ripetuti processi di ibridazione e introgressione,risulta ancora difficilmente inquadrabile tanto che alcune sottospecie, frettolosamente elevate di rango, sono tornate alla vecchia denominazione per controlli più probanti ottenuti mediante l'uso dei marcatori molecolari. I primi esperimenti testimoniano che nella maggior parte dei casi le differenze morfologiche e fenologiche devono essere ricondotte ad adattamenti. Siamo quindi, quasi sempre, in presenza di ecotipi generati da processi di adeguamento conseguenti alla pressione ambientale cui le piante sono sottoposte.

Anche l'uomo, in talune regioni come la Turchia, diventa fattore attivo del rischio di estinzione di questo genere a causa dell'uso dei tuberi per produrre una farina "il SALEP" (in arabo "sahlab") che nella credenza popolare, ancora oggi, viene considerato afrodisiaco; oppure per produrre gelati o per dare un gusto particolare al burro di Yak; per produrre un kg di salep occorre sradicare circa 1000 piante.

La maggior parte delle piante ascritte a questo genere in Italia vengono impollinate da insetti del genere Andrena e soprattutto da A.nigroaenea.
La riproduzione può essere agamica mediante la produzione di tuberi accessori destinati a staccarsi per formare una nuova pianta; gamica quando avviene per seme; in questo caso le Orchidaceae hanno raggiunto un altissimo grado di specializzazione in quanto non avendo il loro seme le sostanze di riserva, riescono a germinare lo stesso con l'aiuto di un fungo simbionte del genere Rhizoctonia. Il micelio del fungo penetra nel seme e fornisce le sostanze organiche nutritive. Alla emissione delle prime foglioline la pianta inizia a produrre alcune sostanze organiche , che in parte cede al fungo.
Questo micotrofismo termina quando si ha lo sviluppo del primo tubero ed a questo stadio la pianticella emette un principio fungicida che inibisce il proliferare del micelio. Alcuni generi come Neottia e Limodorum continuano la simbiosi per tutta la loro vita.
Questo genere è tra i più specializzati nella fecondazione che è prevalentemente entomofila. Le Ophrys hanno sviluppato strategie che coinvolgono, per stimoli visivi, insetti selezionati di cui il labello riproduce gli ornamenti grafici della femmina dell'insetto pronubo e inoltre è in grado di emettere degli odori particolari, i feromoni, simili a quelli rilasciati da essa in modo da innescare un inganno verso l'insetto maschio, inducendolo a iniziare un pseudocopula atta alla consegna delle masse pollinee. Se l'insetto pronubo non è presente la pianta procede alla autoimpollinazione che preserverà la specie ma evolutivamente svantaggiosa.
Per attuare queste strategie il seme rimane in quiescenza anche per parecchi anni quindi, l'azione di arare o raccogliere le piante, può pregiudicare questa lunga attesa. Peccato che i tuberi di queste piante siano ricercatissimi dai cinghiali e istrici che dove intervengono sono in grado di compromettere per sempre la loro sopravvivenza.


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