Il nome di marcita deriva dall'antica consuetudine di lasciare l'ultimo taglio invernale a "marcire" nel prato irriguo.
Non è noto chi abbia inventato la tecnica della marcita; tuttavia si attribuisce comunemente ai monaci provenienti dalla Francia, in particolare Cistercensi il merito di aver contribuito grandemente alla sua diffusione nelle campagne del nord Italia. L'utilizzo delle marcite permetteva ai contadini di alimentare il bestiame anche d'inverno con erbe fresche, ottenendo rese di latte e derivati del latte che primeggiavano in Europa.
Secondo la tradizione, il primo taglio del foraggio veniva effettuato a fine febbraio/inizio marzo; il secondo intorno a metà aprile; il terzo taglio di fine maggio, detto maggengo, consisteva nel 25% circa dell'intera produzione annuale. Seguivano il quarto taglio (detto agostano) a fine luglio, il quinto (detto terzuolo) a fine agosto, il sesto fra la fine di settembre e l'inizio di ottobre e l'ultimo fra la fine di novembre e la metà di dicembre.
Il funzionamento della coltivazione a marcite è estremamente semplice, ma allo stesso tempo arduo da realizzare, poiché richiede tecniche idrologiche avanzate e precise.
Sostanzialmente un prato può dirsi coltivato a marcite quando è percorso uniformemente da un velo d'acqua in costante movimento, che generalmente deborda da una roggia di alimentazione a fondo cieco adiacente alla coltivazione.
Per consentire la distribuzione ed il movimento uniforme dell'acqua, il terreno dev'essere caratterizzato da una pendenza leggera ed omogenea; dal lato opposto rispetto alla roggia di alimentazione dev'essere situata una roggia drenante, a mo' di grondaia.
L'acqua così raccolta può essere nuovamente impiegata per irrigare un campo posto più a valle; il meccanismo può ripetersi sino a che le acque non saranno divenute troppo scarse, o fredde, per consentirne un ulteriore sfruttamento a fini colturali.
Nel corso del XX secolo le colture a marcita sono state abbandonate a favore della coltura industriale del mais, più redditizia. Contemporaneamente nella pratica di allevamento il mangime si sta spostando dal foraggio agli insilati di mais. Questo progressivo mutamento ha decretato anche l'abbandono della maggior parte dei fontanili della pianura padana, mettendo peraltro a rischio numerose specie animali e vegetali che vi trovano il proprio habitat naturale.
Oggi le marcite son sempre più in rare, tuttavia in alcune zone è in atto una risistemazione di fontanili e rogge in modo da continuare la pratica delle marcite che vengono salvaguardate dagli organi competenti. Per esempio nel Parco Agricolo Sud Milano sono presenti 41 marcite salvaguardate dal Parco. Esse sono oggetto di tutela per preservare un patrimonio ed una pratica secolare.
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