sabato 27 giugno 2015

I DISORDINI ALIMENTARI



I disturbi del comportamento alimentare (abbreviato DCA), o disturbi alimentari psicogeni (DAP) sono tutte quelle problematiche, di pertinenza principalmente psichiatrica, che concernono il rapporto tra gli individui e il cibo.

I DCA sono argomento di trattazione non solo in psichiatria, ma anche in endocrinologia, in gastroenterologia e altre branche mediche, in quanto comportano, nei soggetti in cui si instaurano, tutta una serie di alterazioni primarie o secondarie che vanno a colpire numerosi organi e apparati.

I disturbi del comportamento alimentare colpiscono molti adolescenti, soprattutto di sesso femminile. Anche se più rari si segnalano casi di ossessioni alimentari anche tra i maschi e nelle donne in periodo menopausale. L'età di insorgenza, purtroppo, sta diventando sempre più precoce mentre la sensibilità al problema, fortunatamente, sta aumentando. Anoressia, bulimia ed obesità , grazie al bombardamento mediatico, sono parole ormai entrate nel linguaggio comune anche se a proposito rimane un po' di confusione.

Quando l'autostima è eccessivamente influenzata dalla forma fisica e dal peso le probabilità di cadere nella trappola dei disturbi alimentari aumenta notevolmente.
I disturbi alimentari sono infatti legati alla valutazione disfunzionale che la persona fa di se stessa. Si parla di valutazione disfunzionale quando il valore percepito della persona è fortemente connesso all'ideale di magrezza, al peso e al controllo della propria forma corporea. In pratica la persona sente di valere o non valere come essere umano in relazione all'ago della bilancia che influenza notevolmente il rapporto con il cibo.
I disturbi alimentari sono oggi un fattore dilagante che manifesta disagi e sofferenze interiori di una generazione resa fragile da una società che tende sempre più a discriminare tra corpi di serie A, B e C.
I disturbi del comportamento alimentare comprendono 3 forme principali: anoressia, bulimia e sindrome da alimentazione incontrollata (binge eating disorder).
Tutti questi disturbi alimentari sono accomunati dal pensiero ossessivo del cibo, dalla paura morbosa di diventare sovrappeso abbinata ad una percezione deformante del proprio corpo e ad una bassa stima di se.




“L’anoressia e la bulimia sono il sintomo tangibile di un dolore che non si vede, di un disagio psicologico lungamente incubato, segno di una crepa nella memoria o nella vita famigliare. La persona anoressica e la persona bulimica sono come il gatto dei cartoni animati che inseguito dal grosso cane del quartiere si arrampica velocemente in cima a un albero, per cercare il rifugio e la protezione che non saprebbe trovare altrove. Da lassù guarda con sufficienza e sollievo ciò che dal basso lo minaccia. Da lassù è sicuro di avere un controllo totale, a trecentosessanta gradi, del mondo sottostante. In più, se scendesse dovrebbe anche fare i conti con ciò da cui si era messo al riparo” (Fabiola De Clercq, 1998, Fame d’Amore, Rizzoli).

L’anoressia inizia con una cura dimagrante: l’intento è quello di controllare la propria immagine, controllare tutto. In realtà l’immagine riflessa nello specchio non restituisce la realtà: la persona anoressica non si vede mai abbastanza magra anche se sfiora la morte.
Di solito si comincia con una dieta dimagrante: tutto ciò che si desidera, apparentemente, è migliorare e controllare la propria immagine. La persona anoressica non si sente mai abbastanza magra. Tra i sintomi, la fame viene negata, si cade nel calcolo ossessivo delle calorie e nel controllo spasmodico del peso. Ci si illude che cambiando il proprio corpo sia possibile cambiare anche la propria vita, cambiare gli altri, cambiare la realtà. Questo tipo di disturbo si manifesta in modo molto evidente: il corpo, scarno e denutrito, diviene una tela su cui dipingere l’immagine di un dolore interiore, un disagio che le parole non possono esprimere. L’anoressia può portare danni molto gravi alla salute come insufficienza renale, perdita dei capelli e dei denti, arresto cardiaco. L’arresto del ciclo mestruale per oltre un trimestre è il primo indicatore dell’anoressia e può portare a gravi forme di osteoporosi. Nel 75% dei casi oggi, l’anoressia è accompagnata dalla bulimia. Il soggetto cede all’ istinto di sopravvivenza, perde il controllo, mangia tutto ciò che trova e si induce il vomito. Si può dire che l’anoressia sia una manovra disperata per coprire la bulimia. La bulimia è il bisogno smodato di tutto. L’anoressia è un tentativo drastico di coprire la bulimia. Spesso anoressia e bulimia si alternano ciclicamente: la persona anoressica, che non riesce più a controllare la fame, cede all’istinto e si punisce con il vomito autoindotto. “ L’anoressia è la punta dell’iceberg, il sintomo di una sofferenza che ha cause psicologiche. Per questa ragione non può essere aggredito: è necessario invece cercare le cause senza tuttavia perdere di vista la gravità dei risvolti che possono mettere a rischio la vita. Il sintomo non viene soppresso ma si diluisce fino a scomparire solo quando la persona non sente più la necessità di adottare i comportamenti che ha dovuto cercare e usare come soluzione, quando riesce a esprimere e vivere i suoi sentimenti, quando a dispetto delle difficoltà trova dentro di sé gli strumenti per far fronte alla vita e alla sofferenza che ne è parte” (Fabiola De Clercq, 1995, Donne invisibili, Bompiani).

Nella bulimia si instaura una dipendenza dal cibo come quella dalla droga e dall’alcool. La sensazione soggettiva è quella di “un pozzo buio e profondo da riempire”: si tratta di un vuoto soggettivo incolmabile, disperato, che si cerca di riempire attraverso l’assunzione di quantità eccessive di cibo. La vita si svolge mangiando, in una sensazione di totale perdita di controllo, e vomitando incessantemente. Il senso di colpa è devastante e lascia la persona in un circolo vizioso senza fine. Oltre alle abbuffate e al vomito, alcuni dei sintomi attraverso i quali si declina la bulimia sono condotte compensatorie come l’eccessivo esercizio fisico e l’abuso di lassativi e diuretici. La bulimia, nonostante spesso rappresenti l’altro lato della medaglia delle persone anoressiche che non riescono più a controllare la fame, lascia sul corpo segni meno evidenti: per questo è più difficile da riconoscere rispetto all’anoressia. Le conseguenze sono comunque devastanti sulla salute di chi ne soffre: il vomito autoindotto causa problemi gastrici, erosione dello smalto dentale, disidratazione, ipotalassemia e disfunzioni cardiache.

Chi soffre del disturbo alimentare incontrollato, proprio come nel caso della bulimia, consuma grandissime quantità di cibo. A differenza di una persona bulimica, chi soffre di disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating) non espelle quanto ingerito. A causa di tali abbuffate la ragazza può essere in sovrappeso anche se spesso è assolutamente normale. Capita infatti che in seguito a questa smodata assunzione di cibo la persona digiuni per qualche giorno o ricorra ad esercizi fisici molto intensi per smaltire le calorie ingerite.
Una variante di questo disturbo alimentare, chiamata night-eating sindrome, si caratterizza per anoressia diurna ed insonnia notturna che può essere sconfitta soltanto assumendo grosse quantità di cibo (bulimia notturna).

I disordini alimentari, di cui anoressia e bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e frequenti, sono diventati nell’ultimo ventennio una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti. Negli Stati Uniti, le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie.

Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disordini alimentari possono diventare una condizione permanente e nei casi gravi portare alla morte, che solitamente avviene per suicidio o per arresto cardiaco. Secondo la American Psychiatric Association, sono la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali. Uno studio pubblicato sulla rivista inglese The Lancet indica che la ricerca sui trattamenti è molto più avanzata nel caso della bulimia nervosa, dove sono stati svolti più di cinquanta studi e trial e una gestione secondo pratiche basate sull’evidenza è possibile. Minore attenzione, invece, si sarebbe dedicata finora a ricerche sui possibili trattamenti di anoressia nervosa e delle altre forme di disordine alimentare.

Se si esclude quella che è conseguenza di disfunzioni metaboliche, anche l’obesità si associa a fattori psicologici, per questo viene definita psicogena. E’ una vera e propria malattia sociale che riguarda un numero sempre maggiore di persone di ogni età, anche bambini. Come nella bulimia, anche nell’obesità psicogena si è di fronte a una dipendenza, cambiano solo le modalità. Il cibo è scelto con cura e assunto fino ad aumentare di peso in modo spropositato. Viene inconsciamente considerato una soluzione magica alle difficoltà del vivere, un anestetico rispetto al dolore che si ha dentro. Il grasso rappresenta una barriera difensiva per proteggersi dalla propria depressione. In chi soffre di questo disturbo insorgono gravi danni alla salute quali patologie cardiocircolatorie e malattie metaboliche come il diabete. Possono essere seriamente compromesse anche la capacità di memorizzazione e concentrazione.

Accade spesso oggi che accanto ai disordini alimentari vi siano altre sintomatologie come attacchi di panico, disturbi d’ansia, dipendenza da sostanze, depressione che talvolta può anche portare ad un tentato suicidio. Spesso è difficile riconoscere le risorse che possediamo per superare gli ostacoli della vita. In questo caso l’ansia raggiunge un limite eccessivo, tramutandosi quasi in angoscia. La manifestazione più evidente è l’attacco di panico: palpitazioni, sudorazione, tremore, vertigini e fastidio al petto. Spesso si associa all’agorafobia, la paura di trovarsi in mezzo alla folla, e arriva a impedire le relazioni sociali. Dipendenza da sostanze (alcol, droghe o farmaci). Anche in questo caso la sostanza rappresenta una soluzione illusoria rispetto a problematiche angoscianti. Nei suoi confronti si ha un atteggiamento ambivalente: droghe, alcol, farmaci, cibo sono amati e odiati. Ogni giorno si promette a se stessi di smettere senza però riuscirci e ogni fallimento getta in una depressione sempre più profonda.  In genere i sintomi della depressione sono una perdita di interesse in ciò che si fa e una riduzione dell’energia accompagnate ad alterazioni del sonno e dell’appetito. Prevale un senso di disperazione e possono presentarsi anche pensieri di morte, che potrebbero portare ad un tentato suicidio.

L’anoressia nervosa, e con essa la sua variante bulimica, è stata da sempre considerata una patologia riguardante quasi esclusivamente le donne, a causa della preponderante incidenza nella popolazione femminile. Molti casi di anoressia maschile non sono riconosciuti come tali o non vengono precocemente e preventivamente diagnosticati. L’incidenza della variante al maschile di questa patologia pertanto è ancora molto sottostimata. Se oggi iniziamo a riscontrare un incremento della domanda di cura al maschile è perchè questa premessa di genere è stata ridimensionata ed è diventato socialmente più “lecito” per un uomo chiedere aiuto.


LEGGI ANCHE : http://pulitiss.blogspot.it/p/aiuto-alle-persone.html


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