Il porfido rosso è un materiale lapideo utilizzato nell'antichità dagli egiziani e dai Romani che lo chiamavano lapis porphyrites a causa del suo colore rosso porpora.
Si tratta di una roccia ignea effusiva, classificabile tra le andesiti, con tessitura porfirica cioè con cristalli di dimensioni relativamente grandi detti fenocristalli, (visibili ad occhio nudo), immersi in una pasta di fondo microcristallina o vetrosa.
Si tratta di un materiale estremamente duro e difficile da lavorare, estremamente apprezzato per il suo colore. A causa di tale caratteristica cromatica fu usato per opere destinate all'imperatore e alla ristretta cerchia della sua famiglia, essendo il colore rosso porpora associato alla dignità imperiale. Le cave egiziane divennero di proprietà imperiale, difese da un fortino costruito al tempo di Tiberio. Fu utilizzato nella statuaria, nei rivestimenti decorativi (opus sectile) ed anche per elementi architettonici come le colonne.
La tradizione di riservarne l'uso ai soli imperatori, si mantenne nell'Impero bizantino. Per esempio nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli la posizione dell'imperatore alle funzioni è segnalata da un disco rosso di porfido, così come nell'antica e attuale basilica di San Pietro in Vaticano. In porfido sono i sarcofaghi dalla madre di Costantino I (sant'Elena). Dal V secolo il suo colore rosso venne assimilato al culto del corpo di Cristo.
L'importanza del porfido sul piano simbolico continuò anche nel medioevo e molti sovrani emularono la tradizione imperiale romana facendosi seppellire in tombe di porfido come quelle dei re di Sicilia nella cattedrale di Palermo, tra cui il sarcofago di Federico II. Nel secolo XII anche due papi, Innocenzo II e Papa Anastasio IV, vollero tombe di porfido.
Il porfido che già si trovava in piccole pezzature nei pavimenti di epoca tardo antica insieme al porfido verde antico, fu ampiamente reimpiegato nei pavimenti cosmateschi.
Nel Rinascimento fiorentino si riscoprì l'arte dell'intaglio del porfido in particolare per l'opera del fiorentino Francesco del Tadda che realizzò opere utilizzando materiale di spoglio. Sembra che tale competenza sia derivata dalla messa a punto di utensili metallici particolarmente duri, grazie ad una particolare tempra in grado di incidere il durissimo materiale. La sua opera più conosciuta è la statua della Giustizia posta sulla colonna innalzata in piazza Santa Trinita.
Fino al XVIII secolo fu utilizzato solo materiale di spoglio, essendo le cave egiziane ormai non più sfruttate. In seguito furono aperte cave di materiali simili al porfido rosso antico anche in Europa, ad esempio in Russia e Finlandia, da cui proviene la pietra utilizzata per il sarcofago di Napoleone I conservato nella chiesa di Saint-Louis des Invalides a Parigi.
Un particolare tipo di porfido rosso viene estratto e lavorato tutt'oggi nelle cave di Cuasso al Monte in provincia di Varese. Questo materiale venne impiegato già a partire da fine '800 per arredare viali e piazze di Milano e di svariati centri della regione insubrica, nonché come materiale per arte sacra e funeraria.
Il panorama di Cuasso al Monte è quello terso delle Prealpi con lo sfondo dei laghi e delle grandi cime inserito nel predominante verde dei monti non ancora granitici con al fianco il celebrato monte San Giorgio patrimonio dell’umanità dal lato svizzero (e si spera presto anche da quello italiano). A mille metri d’altezza qui una volta c’era il mare che ora restituisce grandi quantità di reperti di invertebrati, vegetali, pesci, rettili marini e terrestri risalenti all’inizio dell’Era Mesozoica e più precisamente al periodo Triassico Medio, circa 235 milioni di anni fa. Qui si estrae il porfido di Cuasso noto col nome commerciale di “Porfido Rosso” e scientifico di Granofiro.
Il Porfido Rosso è una roccia magmatica ipoabissale a chimismo sialico composta essenzialmente da K-feldspato, quarzo e in quantità minore da biotite. Il porfido rosso di Cuasso è un materiale unico in Europa per colore, durezza e resistenza agli agenti atmosferici, e queste caratteristiche lo hanno reso leader nel settore delle pavimentazioni naturali. E’ caratterizzato dalla presenza di cavità dovute alla contrazione delle masse magmatiche durante il loro raffreddamento: si tratta delle cosiddette “cavità miaroliche” aventi dimensioni variabili dai pochi mm. fino a 5 cm. di diametro. La superficie interna delle miarole sempre tappezzata da cristalli ben visibili, tra i cui: feldspati potassici (ortoclasio, microclino), quarzo, plagioclasi (albite, oligoclasio) miche (biotite, muscovite), apatite, anfiboli, molibdenite, fluorite, topazio. Più rare sono invece le geodi, cavità di maggiori dimensioni comprese tra i 10 e i 70 cm.
Il peso specifico è pari a 3 Kg/dm3 L’area di affioramento si estende quasi ininterrottamente a ormare una grande fascia dalla sponda occidentale del Lago di Lugano fin oltre al Monte Martica, oltre il confine con il Comune di Brinzio. Le singole masse raggiungono in alcuni punti notevole spessore e mostrano una importante resistenza nei confronti dell’erosione meteorica (un esempio costituito dall’aspra morfologia della “Valle Cavalizza”, ad est del comune di Cuasso, ricca di pareti ripidissime e di speroni). La struttura della roccia porfirica con la presenza di grossi cristalli immersi in una massa di fondo a grana più fine ritenuta il risultato di una solidificazione in due fasi: una lenta dove è avvenuta la cristallizzazione (formazione dei cristalli grossi) ed una successiva più veloce dove la restante parte di roccia fusa non ha avuto il tempo di cristallizzare completamente.
La storia racconta che alla fine dell’ottocento qui operavano diverse cave che estraevano “una pietra vulcanica molto dura dal colore particolare” usate principalmente per realizzare muri di sostegno, divisori e di terrazzamento e masselli stradali, lavorati a mano da abili scalpellini con l’unico ausilio di martello, punta e scalpello. Le cave più importanti a quel tempo erano la Cava Grande, la Cava Maccal, la Cava della Motta nel centro del paese e le Cave Mirabello e Togni nella Valle della Cavalizza.
Intorno al 1910 fu costruita una teleferica che dalla Cava Grande trasportava il materiale a Porto Ceresio, dove veniva caricato sul treno per Varese e Milano. Durante la 1 guerra mondiale, in prossimità delle fortificazioni della “linea Cadorna” in difesa di una possibile invasione austriaca attraverso la Svizzera, furono aperte molte cave per assicurare l’approvvigionamento di materiale per la costruzione e la manutenzione delle opere militari.
Dopo il fermo imposto dalla guerra, i primi lavori nel Capoluogo lombardo attirarono l’interesse per la pietra cuassese di parecchie società stradali infatti nel 1924 la Società Puricelli, che si occupava di estrazione e lavori pubblici, rilevò quasi tutte queste piccole cave e, con l’aiuto di parecchi operai per prima, inizia ad utilizzare impianti pneumatici di perforazione per il taglio dei blocchi più grossi. La produzione di cubetti per la pavimentazione venne avviata dalla fine degli anni ’40 (un cubettista poteva fare anche 1000 cubetti al giorno). E’ in questo periodo che vennero avimentate in porfido le principali strade del varesotto. Alcune cave cambiarono di proprietà. La Cava Grande e la Motta diventarono Cave Corti, mentre la piccola Cava Castello a Cuasso al Piano fu rilevata da Arturo Bonomi. Nello stesso periodo iniziarono ad operare le mecchine gommate ed a sorgere capannoni. Nonostante la maggiore richiesta di materiale, non vi fu però un aumento del numero di cave; si assistette anzi al fenomeno contrario, molte di queste chiusero soprattutto per motivi legati alla scarsità di manodopera che, tendeva a spostarsi verso Milano e la vicina Svizzera. Le poche cave rimaste dovettero così far fronte alla situazione attrezzandosi con i mezzi presenti sul mercato dell’epoca. Giunsero in quegli anni le prime macchine per lo spacco dei cubetti (le cosiddette trance) ed i perforatori, che consentirono un lavoro più rapido e sicuramente meno gravoso all’uomo.
La cava gestita dalla famiglia Bonomi, azienda Associata e' un vero esempio d’ordine e organizzazione attenta al massimo sfruttamento del materiale estratto e ad inserirsi con discrezione nel paesaggio come l’ingresso alberato e lampioni classici ai lati proprio come le ville ottocentesche che preannunciano il vicino lago di Lugano. E’ frutto di un modo di pensare diverso destinato al progettista che viene invitato a vivere personalmente il valore della sua scelta e del racconto ricco e naturale che con essa prosegue Il suo percorso tecnologico si forma in poche centinaia di metri dalla cava dove miccia detonante e perforatori sfruttano la naturale frammentazione del porfido per poi proseguire dopo nel piazzale sottostante dividendosi in diverse linee di produzione con il taglio a disco diamantato per i manufatti (piani, piastrelle, listelli, tozzetti, zoccolini e gradini), lo spacco meccanico per cubetti e cordoli, la lavorazione a mano per l’artistico e la frantumazione per la graniglia utilizzata anche per una linea di manufatti dal legante cementizio di massima resistenza ed alto valore estetico per piani di cucine e bagni. La durezza del materiale conferisce alle superfici una lucidatura brillante e duratura. Lavorazioni più rustiche, come la bocciardatura e la fiammatura, rendono questa pietra ideale per camini, davanzali e scale. L’uso del sasso grezzo invece diffuso per murature tradizionali (modello faccia a vista) o in giardini rocciosi. Il porfido rosso trova oggi larga applicazione in architettura come materiale da rivestimento e finitura di grande effetto per pavimentazioni, pilastri, muri perimetrali e arredo urbano in genere. Il suo inconfondibile colore caldo si inserisce elegantemente in qualsiasi contesto assicurando un gradevole effetto cromatico. Negli ultimi anni il porfido ha assunto una connotazione internazionale in linea con la globalizzazione dei mercati. La pietra di Cuasso viene infatti sportata in Austria, Germania, Olanda, Svizzera oltre che su tutto il territorio italiano.
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