sabato 20 giugno 2015

IL TORRONE

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Pare che il torrone non sia il frutto dell'intelletto culinario nostrano, o almeno non del tutto; la prevalenza delle fonti bibliografiche di ricerca attribuisce il merito della sua scoperta al popolo arabo, il quale (dall'827 al 1091) occupò anche l'isola siciliana per oltre 250 anni. Uno dei torroni italiani più famosi è per l'appunto quello di Caltanissetta dove, per ereditarietà, è ancora chiamato col termine arabo "qubayta"; ai venditori di torrone nisseni corrisponde il sostantivo di cubaitari.
L'isola siculo-arabica poté prescindere dall'importazione di zucchero americano solo grazie alla fornitura dell'Arabia felix... con un anticipo di 500 anni sulla traversata del famoso navigatore genovese.
Uno dei riferimenti storico-bibliografici più importanti sulle origini del torrone è il De medicinis et cibis smplicibus, scritto da un medico arabo nel XI secolo d.C., nel quale si fa chiaro riferimento al torrone col termine turun.
Com'è ben noto, la Sicilia non fu l'unica colonia di occupazione del popolo medio-orientale; anche la penisola spagnola ne fu "vittima" e, non a caso, pure qui il torrone è diventato una specialità locale (Gigona - Alicante). Tuttavia, i primi reperti bibliografici collocano la ricetta del torrone spagnolo solo nel XVI secolo.
Più antica, invece, l'origine del torrone Cremonese; in base alla tradizione lombarda, pare che il primo torrone della zona fu servito il 25 ottobre 1441 ad un banchetto nuziale tra gli Sforza ed i Visconti; il dolce aveva la forma di Torrazzo, la torre campanaria della città di Cremona (dalla quale forse origina il nome stesso del torrone). Ciò non toglie che “su carta”, la prima citazione al torrone cremonese risalga solo al 1543.
A Benevento, la tradizione del torrone risale all'epoca sannita: apprezzato e consumato dalle classi agiate, come da quelle più povere, il torrone era conosciuto già al tempo dei Romani come dimostrano alcuni scritti di Tito Livio. A Siena il torrone locale è venduto in dischi, denominati "copate" tutt'oggi. Tale specialità restò sempre in uso nel corso dei secoli sia a livelli domestici che artigianali finché subì radicali modifiche ed evoluzioni alla metà dell'Ottocento poiché nel 1871 si avviò la produzione dei torroni in carta e in astucci e grande impulso al settore diedero le numerose ditte molte delle quali, nel 1908, consorziate nelle Fabbriche Riunite del Torrone di Benevento.

Nacquero nel XIX secolo celebri tipologie di torroni come Il perfetto amore, il Torrone del Papa, il Regina, l'Alicante, l'Ingranito. Sempre nel Novecento anche la ditta Alberti avviò la produzione di torrone, mentre dal 1891 a San Marco dei Cavoti il cavalier Innocenzo Borrillo con la produzione dei Torroni Bacii fondò una propria azienda alla quale, nel corso del secolo, se ne affiancarono altre otto contribuendo a trasformare i piccolo centro della provincia nel "Paese del Torrone" dove ogni anno, dal 2000, si svolge la Festa del Torrone. Al noto imprenditore nato nel 1871 e scomparso nel 1970, nonché alla storia del torrone nel Sannio è dedicato il volume Innocenzo Borrillo e i Maestri del Torrone di Andrea Jelardi e Marco Borrillo, edito nel 2013.

Nell'XI secolo gli Arabi contribuirono alla diffusione di questo dolce lungo le coste del Mediterraneo, nel nordafrica e con maggior successo nell'antica Corona d'Aragona. La prima testimonianza scritta del torrone in Catalogna è del 1221; lo si trova anche in ricettari e documenti del XIV secolo. Era prodotto in Catalogna e nel Regno di Valencia: la città è oggi il maggiore produttore della Spagna (in particolare a Jijona dove se ne fa risalire la presenza a partire dal XV secolo). In seguito, il torrone si è diffuso nella Corona di Castiglia: la prima documentazione scritta in spagnolo della sua presenza si trova ne "La generosa paliza" di Lope de Rueda, dell'anno 1570.

Nella versione della tradizione cremonese, il primo torrone sarebbe stato servito il 25 ottobre 1441 al banchetto per le nozze, celebrate a Cremona, fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Il dolce, sempre secondo la tradizione, venne modellato riproducendo la forma del Torrazzo, la torre campanaria della città, da cui avrebbe preso il nome. Questo episodio viene rievocato ogni anno con una Festa del Torrone. Tuttavia la prima notizia certa riguardo al torrone a Cremona risale al 1543, anno in cui il Comune di Cremona acquistò del torrone per farne dono ad alcune autorità, soprattutto milanesi.

Il termine "torrone" è d'etimologia discussa. Per alcuni, deriverebbe dalla voce verbale latina "torrere", presente attivo infinitivo di "torreo" (presente attivo torreō, presente infinitivo torrēre, perfetto attivo torruī, supino tostum), col significato di "tostare", "abbrustolire", con riferimento alla tostatura delle nocciole e delle mandorle. Il termine è sicuramente derivato dalla radice proto-indo-europeo, a riprova del fatto che essa è riscontrabile nel moderno Inglese, thirst, nel Greco, τέρσομαι (térsomai), nel Sanscrito  तृष्यति (tṛṣyati).

Joan Corominas crede che il termine deriva dal latino "terra" per essere simile a un grumo di terra. Ottorino Pianigiani pensa che l'italiano torrone deriva dal latino turùnda, una specie di pagnotta e anche "cataplasma"; turùnda deriva di "tèrere", che significa "mescolare". Finalmente, alcune correnti di studiosi attribuiscono al torrone, invece, origini arabe; a supporto di questa tesi vi sarebbe, fra l'altro, il De medicinis et cibis semplicibus, trattato dell'XI secolo scritto da un medico arabo, in cui è citato il turun.

Le principali varietà di torrone sono quello duro e quello morbido: la differenza fra le due è dovuta a diversi fattori. Innanzitutto il diverso grado di cottura dell'impasto: difatti nel torrone duro (anche chiamato "friabile") la cottura è solitamente prolungata nel tempo fino a giungere (in alcuni prodotti tipici) le 12 ore. Altrettanto importante è la composizione della ricetta ed il rapporto tra il miele e gli zuccheri (tra cui saccarosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di zucchero invertito).
Il torrone tenero, invece, ha una cottura che solitamente non supera le 2 ore; ciò permette di avere un'umidità dell'impasto più alta; questo fattore in combinazione alla ricetta diversa produce un impasto più tenero. I torroni si distinguono poi fra mandorlati e nocciolati. La variante aquilana, prodotta industrialmente già nel XIX secolo, prevede un impasto contenente cacao.

Varianti più moderne comprendono il torrone classico ricoperto di cioccolato. Una ulteriore tipologia, con pasta reale (pasta di mandorle ricoperta di cioccolato pregiato o di glassa di zucchero fondente) non è da considersi propriamente un "torrone".

Oggi il torrone è uno dei dolci natalizi più diffusi in Italia e sempre più spesso è possibile trovarlo anche all'estero.
Varie altre zone d'Italia, hanno altresì consolidato un'ottima tradizione nella produzione di questo dolce nelle diverse varianti: fra queste citiamo Bagnara Calabra, Taurianova (località dove questo dolce è prodotto artigianalmente), Gallo d'Alba (CN), Cologna Veneta (meglio noto come "mandorlato di Cologna"), Ospedaletto d'Alpinolo, Alvito, Dentecane e Grottaminarda (dove riprende il nome latino-sannita di "cupeta"), Camerino, L'Aquila, vari comuni del beneventano e delle terre del Sannio.

Piuttosto caratteristico per la sua rusticità è il torrone della Sardegna (su turrone sardu), con rinomati centri di produzione a Tonara, il cui aroma più intenso è dovuto al fatto che la sua componente dolce deriva esclusivamente, senza zuccheri aggiunti, dal miele di macchia mediterranea. La caratteristica del torrone sardo è la sua durezza e, soprattutto, il suo color avorio. Difatti, esso non è bianco come gli altri torroni, poiché la ricetta sarda non impiega lo zucchero o ne usa minime quantità, preferendo a questo l'utilizzo di miele. Esistono molteplici rivisitazioni della ricetta classica che vedono l'uso di scorze di arancia o di limone, ostie, pinoli, vaniglia, ecc. Le ricette artigianali possono variare a seconda della tradizione locale.

Nel cuore della Sicilia, a Caltanissetta, i maestri pasticceri continuano la tradizione nissena con la produzione della Cubaita, il classico torrone siciliano. Unendo il verde del pistacchio, il giallo del miele e il bianco delle mandorle, offerti naturalmente dalle campagne nissene, i cosiddetti turrunari del luogo, creano un dolce artigianale talmente buono che racchiude in sé i profumi e i sapori tipici di questa terra, mescolati ai colori caldi e vivaci che caratterizzano la sua personalità. Una tradizione che si è rinnovata negli ultimi anni grazie ad importanti innovazioni di prodotto e di processo che hanno permesso la creazione di nuovi torroni (al cioccolato e ad altri aromi tipici isolani).

Il torrone è un alimento dolce che possiede non pochi aspetti negativi di cui tener conto. In primis, ricordiamo che la grossa concentrazione di zuccheri semplici tende a favorire inesorabilmente la formazione di carie dentaria (soprattutto nel caso del torrone morbido, che tende ad aderire tenacemente allo smalto); non da meno, il rischio di frattura dentale. Il torrone duro è infatti uno degli alimenti maggiormente responsabili di spaccatura dei denti, ragion per cui si consiglia di prestare la massima attenzione durante la masticazione.
Il torrone è anche un alimento ricco di calorie totali, apportate fondamentalmente dallo zucchero (glucidi semplici), dal miele (glucidi semplici) e dalla frutta secca (lipidi); queste caratteristiche rendono il torrone un alimento assolutamente sconsigliabile in caso di sovrappeso (per l'eccesso calorico), ma anche di diabete mellito tipo 2 (per carico e indice glicemico non adeguati alla patologia).
Le porzioni e la frequenza di consumo del torrone dovrebbero sempre tenere in considerazione la dieta giornaliera e soprattutto la composizione del pasto che, di solito, ne precede la messa in tavola. Ad ogni modo, una frequenza settimanale e porzioni superiori a 10-20g sono già da considerare eccessive.



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