martedì 30 giugno 2015

IL MULO

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Già nell'antichità il mulo era allevato in Illiria.
Fino a pochi decenni fa il mulo era assai diffuso sia nel Mediterraneo sia in Africa, Asia, Palestina e nelle Americhe.
Prima dell'avvento dei veicoli a motore, il peso principale della logistica di campagna degli eserciti ovviamente gravava – e non si tratta di una metafora – sul trasporto animale e in misura particolare sulla groppa di un tenace e solido quadrupede, il mulo.

La ragione è semplice: in termini di velocità di passo, di capacità di trasporto, di resistenza ai disagi e di sobrietà di richieste alimentari si tratta della scelta migliore possibile.

Un mulo può percorrere circa 5 chilometri all'ora a passo più lento in discesa che in salita, può trasportare circa il 30% del suo peso e si accontenta di 3/4 della razione di un cavallo a parità di peso: senza richiedere le cure e le attenzioni del suo più nobile cugino.

Se 5 km. all'ora possono sembrare pochi, va anche aggiunto che la resistenza del mulo gli consente di marciare anche per 10-12 ore: marce di 40 km al giorno possono essere considerate normali, 80 possibili, 160 eccezionali ma documentate in manuali dell'esercito americano dei primi del Novecento.

La maggior parte dei muli pesa tra i 350 e i 450 chili, per cui la loro capacità di trasporto dovrebbe variare tra i 100 e i 135 chili, contando, ovviamente, anche il peso del basto. Tuttavia il carico utile ideale, secondo i manuali militari moderni, dovrebbe aggirarsi sui 70 chili, e magari anche meno, considerando quanto desiderabile è mantenere in vita l'animale.

Le documentazioni antiche confermano questa variabilità, che probabilmente dipendeva tanto dalla stazza dell'animale, quanto dalla disponibilità o dall'esigenza di sovraccaricarlo: un editto di Diocleziano riferisce di carichi standard di 65.5 chili, mentre un precedente papiro egiziano di età ellenistico-romana riporta una specie di statistica in base alla quale il 41% di un campione di muli aveva un carico utile di 88,5 chili, il 35% di 118 chili e il 9.3% riusciva a trasportare fino a 177 chili.

A parità di peso, come anticipato, un mulo richiede il 75% della razione di un cavallo.

Tradotto in cifre significa dai 2 ai 4 chili di orzo e circa 6 chili di fieno o più o meno il doppio di erba fresca, mentre il fabbisogno di acqua è di 20 litri al giorno, di solito somministrati in tre momenti della giornata.

Le razioni militari in campagna possono tuttavia essere anche minori: durante la campagna peninsulare agli animali del treno di Wellington vennero distribuiti 2,3 chili di orzo e 4,5 chili di paglia al giorno, ma nelle fonti narrative non mancano aneddoti di muli costretti a sopravvivere con qualsiasi cosa fosse solo apparentemente commestibile.

Ovvio a questo punto che tutti gli eserciti abbiano approfittato e approfittino ancora (gli americani in Afghanistan, ad esempio) per le loro esigenze di trasporto di un animale tanto utile e servizievole.

I romani ne avevano 2 ogni contubernium (il nucleo base di 8 uomini che alloggiavano nella stessa tenda) per un ammontare complessivo stimato per legione imperiale di 1.400 muli. In epoca repubblicana il numero non doveva essere troppo diverso, considerando la natura meno strutturata centralmente dell'organizzazione militare.

I grandi numeri arrivano però nell'Ottocento: Sherman non avrebbe potuto concepire la campagna di Atlanta nel 1864, nonostante il massiccio impiego dei trasporti ferroviari, senza l'ausilio di un treno logistico composto dalla stratosferica cifra di 5.180 vagoni e 860 ambulanze, con un seguito di 28.300 cavalli e, soprattutto, 32.600 muli.

Il mulo è un ibrido sterile a causa del suo corredo cromosomico dispari (63 cromosomi), e deriva dall'incrocio tra l’asino stallone con 31 coppie di cromosomi e la cavalla con 32 coppie di cromosomi. La sterilità di questo animale è dovuta al fatto che avendo un corredo poliploide dispari, alla meiosi, non riesce ad appaiare i suoi cromosomi nella maniera giusta e non riesce a formare gameti "normali".

L'ibrido derivato dall'incrocio contrario (cavallo stallone e asina) si chiama bardotto.

I muli francesi godevano un tempo di grande fama. Le quattro zone tipiche di produzione di muli in Francia sono:

Poitou, da dove provengono muli di grossa taglia, assai pesanti e muscolosi;
Cévennes (Massiccio Centrale), da cui provengono muli medio-grandi adatti per la soma e per la montagna;
i Pirenei, dove viene impiegato l'asino catalano per la produzione;
il Delfinato, dove vengono prodotti muli di buona taglia, di conformazione raccolta, robusti e molto vigorosi.
Fino agli anni quaranta era fiorentissima la produzione mulina anche in Puglia: incrociando cavalle murgesi con asini di Martina Franca si ottenevano i famosi muli martinesi, ideali per l’artiglieria e la fanteria alpina.

Le ragioni della sua diffusione erano: costituzione assai forte e robusta, la rusticità, la resistenza alle malattie, l'adattabilità ad ambienti sfavorevoli, la sobrietà. Nasce soprattutto grazie alla selezione umana a cui in passato serviva la forza dell'asino e la velocità del cavallo. In particolare, il mulo, data la conformazione delle scapole, come quelle dell'asino, può trasportare grandi pesi direttamente sulla groppa, unendo la forza del cavallo alla resistenza dell'asino. Questa caratteristica ne ha permesso l'uso in alta montagna.

I muli maschi sono sempre sterili; le femmine, invece, possono essere occasionalmente fertili se accoppiate a cavalli o asini. Dal 1527 sono stati documentati oltre 60 casi di mule che hanno concepito e partorito soggetti vivi e vitali.

Attualmente è molto usato in ippoterapia e si cerca di rivalutare gli ibridi con progetti ad hoc oltre ad essere tutt'ora indispensabile per la vita degli abitanti del centro storico del comune di Artena, un piccolo borgo medioevale del centro Lazio, riconosciuto come il centro non carrozzabile più grande d'Europa.

Il mulo ha testa più grossa e orecchie più lunghe del cavallo, collo corto con scarsa criniera (più abbondante nel bardotto), garrese basso, dorso spesso convesso, groppa tagliente, coda con pochi crini. Gli arti sono asciutti, con articolazioni larghe e solide, piedi cilindrici e talloni alti e stretti. Il pelo è corto. I mantelli più frequenti sono il nero e il grigio; il sauro è raro. Talvolta si ha la riga mulina; più frequenti sono le zebrature, specie quando il mantello è baio.
Il mulo è meno ricettivo del cavallo alle malattie e alle coliche; minori sono anche le esigenze di governo, di cure igieniche e di custodia. Se il mulo è proverbiale per la caparbietà e spesso per la cattiveria, in compenso compie il lavoro con grande energia e molta resistenza, anche sulle strade montane più impervie, con passo sicuro e costante andatura.

Per ovviare alle difficoltà dell'accoppiamento tra cavalla e asino, si consiglia la fecondazione artificiale, che aumenta anche la percentuale di fecondità (con la monta naturale è relativamente bassa: 30-50%).
La durata della gravidanza nella cavalla ingravidata da stallone asino è intermedia tra le due specie (11 mesi per quella cavallina, 12 mesi per la specie asinina): è cioè 1-2 settimane più lunga rispetto a quella del cavallo. Di norma la cavalla ripresenta l'estro nella prima settimana successiva al parto e potrà essere fatta rifecondare. Le cavalle, nell'ultimo periodo di gravidanza, vanno lasciate a riposo, evitando, in particolare, gli eccessivi rigori del clima. Il parto non presenta in genere difficoltà. I parti gemellari sono molto rari. Il puledro, di norma, è più rustico del puledro cavallo e quindi può seguire presto la madre al lavoro. L'allattamento dura 7-8 mesi Nella prima settimana dopo il parto, è bene tenere la fattrice a riposo; nella seconda settimana,, madre e puledro si fanno passeggiare. La cavalla può riprendere il normale servizio nella terza-quarta settimana successiva al parto.
La castrazione dei maschi viene praticata intorno all'anno e mezzo, preferibilmente nell'autunno o nella primavera. La domatura, intesa come addestramento al lavoro, viene praticata verso i 18-24 mesi, nella stessa maniera adottata per il cavallo e l'asino. Il pieno rendimento si ha intorno a 4 anni di età. La rusticità è notevole, però il carattere è difficile, indipendente e scontroso; per questo motivo gli animali non vanno mai trattati duramente, per evitare risultati negativi e anche per l'istinto vendicativo del mulo.
I muli hanno vita lunga (come l'asino): si ricordano muli che hanno prestato lavoro, anche pesante, per 30 e persino 50 anni. Per la determinazione dell'età si ricorre all'esame della dentatura che differisce assai poco da quella dell'asino.
Lo zoccolo del mulo è simile a quello dell'asino, quindi meno lungo e più alto. L'unghia è più forte e resistente. Il diligente governo di quest'ultima e la buona ferratura hanno fondamentale importanza per un buon servizio, per la conservazione degli appiombi e, quindi, per la lunga durata degli animali.
L'alimentazione è la stessa consigliata per il cavallo e l'asino, nelle varie età e in funzione dell'impiego. Il pascolo è sempre consigliabile, in ogni età e particolarmente per i soggetti più giovani. Nel razionamento si deve tenere conto, come in ogni altra specie animale: dell'età, del peso vivo, del tipo e dell'intensità del lavoro.



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