La dafne rosea è una specie endemica delle Alpi, diffusa dalla Lombardia al Friuli. Cresce in pascoli alpini, in boscaglie aperte di arbusti bassi e in luoghi rocciosi, su substrati calcarei o dolomitici, con optimum nella fascia subalpina. Le dafne sono note fin dall'antichità per le qualità farmacologiche, ma il loro uso è molto pericoloso, e spesso il solo contatto con l'epidermide causa arrossamenti e vesciche sulla pelle, mentre l'ingestione dei frutti, molto velenosi, può essere fatale. Il nome generico deriva da 'dàphne', nome greco dell'alloro, per le foglie sempreverdi di alcune specie come D. laureola; il nome specifico si riferisce al tubo striato del perigonio. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
Pianta perenne con fusti tortuosi e portamento strisciante alta tra 5 e 15 cm circa. Le foglie sono coriacee, persistenti, di colore verde lucido e non più lunghe di un paio di centimetri, riunite in cima ai rami in densi fascetti. L’infiorescenza è costituita da 8 – 12 fiorellini rosati o rosso porpora molto profumati a forma di tubo allungato striato longitudinalmente (caratteristica dalla quale deriva il nome latino della pianta)
Tutte le piante del genere Daphne sono molto tossiche. L’ingestione della corteccia, delle foglie o dei frutti può portare bruciori a carico di bocca e gola, quindi vomito, nausea, diarrea e sete intensa con seria difficoltà respiratoria fino al collasso nei soggetti più deboli. La Daphne striata è in genere protetta.
Il nome del genere lo troviamo citato per la prima volta negli scritti del medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma di nome Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa - 90 circa). Probabilmente nel nominare alcune piante di questo genere si ricordò della leggenda di Apollo e Dafne. Il nome Daphne in greco significa “alloro” e le foglie di queste piante sono molto simili a quelle dell'alloro.
In tempi più moderni questo nome è stato scientificamente definito da Carl von Linné, biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Alcune piante di questo genere trovano impiego nella medicina popolare, ma non sono considerate eduli, anzi le bacche prodotte dai fiori di queste piante possono essere velenose (in particolare quelle della specie Daphne mezereum). Da studi chimici si sa che nelle varie parti della pianta è contenuta una “resina acridica”, chiamata mezerina, ma anche un glucoside amaro e velenoso denominato dafnina (è un “glucoside cumarinico” formato da due composti: glucosio e dafnetina). In varie parti del Mondo queste piante vengono utilizzate per gli usi più differenti.
In Svizzera dagli arboscelli della Daphne laureola si tagliano delle liste bianche sottilissime con le quali le donne si adornano i cappelli.
In Giappone si raccolgono i fiori della Daphne odora che si mettono in sacchetti di tela per profumare la biancheria.
In alcune zone dell'Asia centrale, un decotto delle radici viene usato come purgante; mentre in altre zone, sempre con la stessa pianta, si produce dello spirito per distillazione;
Nelle Indie Orientali e anche nel Giappone (anticamente) sfruttando la forte fibra delle cortecce di alcune specie (Daphne pseudo-mezereum, Daphne cannabina, Daphne papyracea e altre) si ricavavano delle carte speciali.
Nella Francia meridionale (ma anche in Algeria) dalla corteccia secca della specie Daphne mezereum si ricavano diuretici e stimolanti, da usare sempre con parsimonia vita la tossicità della pianta.
L'impiego più usuale è nel giardinaggio, specialmente nei giardini alpini e rocciosi, questo grazie alla delicata bellezze di alcuni fiori come la Daphne petraea.
Le prime coltivazioni nei giardini europei risalgono al XVII secolo con le specie Daphne mezereum, Daphne laureola e Daphne cneorum. Sono piante rustiche, in genere abbastanza robuste, che richiedono un terreno calcareo in posizioni fresche.
Varie sono le leggende sorte attorno al nome dei questo genere.
Si racconta che durante un colorito e caldo tramonto del sole, il dio Apollo si fosse invaghito di Dafne, figlia del dio dei fiumi (Peneo). Sentendo le sue invocazioni di aiuto, alcune dee accorsero ai suoi richiami e per farla sfuggire al dio inseguitore la trasformarono in una pianticella “lauriforme”, le cui radici erano bagnate dalle sorgenti dei fiumi di suo padre.
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