Spesso si tende a fare confusione tra stoccafisso e baccalà.
Un'unica materia prima, due prodotti diversi: essiccazione e salatura.
Entrambi sono prodotti con antichi metodi di lavorazione e conservazione che fanno sì che ognuno di loro abbia un gusto e una consistenza unica rispetto al pesce fresco.La differenza è che lo stoccafisso viene essicato, mentre il baccalà attraversa un processo di salatura (si può parlare di baccalà solo quando il contenuto di sale assorbito durante la salatura supera 18%) o di salatura e una successiva essiccazione.
Esistono due tipi diversi di baccalà. Il baccalà salato e il baccalà salato ed essiccato. Nel primo caso il merluzzo viene pulito, aperto e messo sotto sale per circa 3 settimane. Il baccalà salato ed essiccato è baccalà salato, che viene successivamente essiccato in tunnel per al massimo una settimana. E' uno degli ingredienti più tradizionali e popolari presenti nella cucina regionale italiana, ad esempio in Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sicilia.
La confusione che ogni tanto si genera tra stoccafisso e baccalà nasce anche dal fatto che in Veneto e nella tradizione gastronomica veneta, che poi si è diffusa anche in altri regioni, lo stoccafisso viene chiamato "baccalà" o anzi con il tradizionale termine "bacalà". Infatti, due dei piatti più famosi della cucina tradizionale di questa regione, il baccalà mantecato e il baccalà alla vicentina, sono fatti con lo stoccafisso.
Per fare lo stoccafisso si usa solo il merluzzo artico norvegese (gadus morhua) chiamato skrei. La produzione di stoccafisso è legata alla pesca stagionale nei mesi tra febbraio e marzo/aprile nel nord della Norvegia, in particolare alle isole Lofoten. In questi mesi il merluzzo artico norvegese lascia il solito habitat nel Mare di Barents per arrivare alle Isole Lofoten dove depone le uova. Il periodo coincide con condizione climatiche ottime per far essiccare il merluzzo all'aperto su apposite rastrelliere con il solo aiuto del sole e del vento. Il periodo di produzione ed essiccazione dello stoccafisso va sempre da febbraio a giugno, quando lo stoccafisso pronto viene raccolto dopo essere rimasto circa 3 mesi sulla rastrelliere. Per il Baccalà di Norvegia la specie di merluzzo è sempre la stessa (Gadus morhua) ed è sia salato sia essiccato mentre per prodotti con origine diversa vengono usati anche altre specie di merluzzo o pesci della famiglia "gadidae" (per esempio brosme e molva). Inoltre, la produzione del baccalà non dipende delle condizione climatiche, perciò viene prodotto tutto l'anno.
Un tempo cibo cardine nell’alternanza dei giorni di grasso e di magro il baccalà vanta una storia gloriosa e lunghissima. Pesce “nordico”, capace di conservarsi e dunque di viaggiare lontano, ha sfamato la fame e soddisfatto il gusto di molte generazioni, adattandosi alle culture popolari e ghiotte che hanno inventato per lui e per il suo cugino “senza sale” (lo stoccafisso essiccato ai gelidi venti delle isole Lofoten) mille modi e mille cotture. A differenza di quanto comunemente si dice il baccalà non è un tipo difficile. Certo merita un po’ di attenzione e qualche accortezza nella preparazione, ma lo si trova con facilità già ammollato nei banchi dei mercati rionali, nelle pescherie e in certe salumerie di quartiere, soprattutto il venerdì. A Roma è un grande protagonista di una cucina schietta e gustosa che con il pesce, salvo grandi eccezioni (la minestra in brodo di arzilla, il tortino di alici, le seppie coi piselli, ecc) non ha molta dimestichezza. Lo si prepara anche qui con varietà di sapori, che spaziano dall’accoppiata classica ceci e baccalà/baccalà e ceci, fino all’agrodolce, passando per il guazzetto e persino i peperoni. Ma nella tradizione del cibo di strada romano e non solo il baccalà è soprattutto fritto, in filetti croccanti e saporiti che aprono la pancia a quel che verrà dopo, in trattoria ma anche, tipicamente, in pizzeria. Esistono naturalmente mille e una versione di un piatto tanto semplice: può cambiare (e anche profondamente) il modo di confezionare la pastella (con lievito o senza, con birra, acqua ghiacciata, bianco d’uovo ecc ecc), ma anche nella scelta dei pezzi e nella modalità della frittura. Le cose da tenere presenti sono in realtà poche ma cruciali: oltre ovviamente alla qualità del baccalà e la sua corretta dissalatura, è importante fare attenzione all’umidità che è sempre nemica di ogni buona frittura. Asciugate e tamponate molto bene il pesce prima di immergerlo nella pastella altrimenti in cottura rilascerà acqua schizzando ovunque. Tenete inoltre presente che se tipicamente si utilizzano i filetti di baccalà, anche le codine andranno benissimo: sono molto più economiche e più gestibili nella padella di casa. Per 4 persone calcolate circa 500-600 g di baccalà già ben dissalato e privato della pelle, potete scegliere i filetti, ma anche altre pezzature, in particolare come già ricordato, le code.
Il baccalà è merluzzo conservato sotto sale. Il pesce viene decapitato, aperto e poi disteso all'interno di barilotti, sotto sale.
Il nome pare derivi dal fiammingo kabeljaw, che significa bastone di pesce. Il merluzzo ha rappresentato per secoli una importante risorsa per i popoli del Nord: economico (almeno un tempo lo era), abbondante (ogni femmina depone circa tre milioni di uova per volta), nutriente, non deperibile, facilmente trasportabile.
Si ritiene tuttavia che i primi ad utilizzare la tecnica di conservazione sotto sale del merluzzo siano stati i popoli baschi nel 1400.
Il territorio più ricco di merluzzi è il cosiddetto «Grand Bank», una piattaforma continentale di ben 3.500 chilometri quadrati situata nell’Atlantico Settentrionale, al largo di Terranova e delle coste del Labrador.
Il baccalà e lo stoccafisso arrivano in Italia al tempo delle Repubbliche Marinare. La necessità di conservare il pesce sotto sale oppure essiccandolo nasceva dal fatto che pesca avveniva molto lontano dalle coste, così si dovette escogitare un modo per garantire la conservazione del pesce una volta tornati sulla terra ferma.
Il baccalà contiene il 30-35% di umidità e anch'esso, come lo stoccafisso, va ammollato in acqua per qualche giorno prima del consumo. Va conservato a temperatura di frigorifero, mentre lo stoccafisso, meno umido, può anche essere conservato a temperatura ambiente.
Dal punto di vista nutritivo il baccalà contiene una quantità di proteine superiore a quella della carne bovina, pochi grassi e poche calorie.
L'Italia è il primo consumatore mondiale di baccalà.
La salagione ne consente la conservazione per lungo tempo, ma la legge ammette l'aggiunta nel baccalà e nello stoccafisso di anidride solforosa e di solfiti come conservante e sbiancante, nella dose massima di 200 mg/kg. Poichè questi conservanti possono essere dannosi se assunti in dosi non minime, è bene non eccedere nel consumo di baccalà a meno di non essere certi della assenza di questi additivi.
I paesi principali di produzione del baccalà sono: Danimarca, Isole Faroe, Norvegia, Islanda e Canada.
In Basilicata, in particolare ad Avigliano, il cosiddetto baccalà alla lucana viene preparato, come da tradizione, con peperoni rossi dolci essiccati e scottati detti cruschi.
In Calabria è molto in voga il baccalà alla cosentina tipico della città di Cosenza e parte della sua provincia preparato da tradizione con patate, olive nere, peperoni, salsa di pomodoro, alloro, prezzemolo, sale e pepe.
Nella cucina tradizionale siciliana viene consumato il baccalà alla siciliana (con pomodori, patate, olive nere, pinoli e uvetta).
A Roma il filetto di baccalà pastellato e fritto è uno dei pezzi del tradizionale fritto misto alla romana e viene servito assieme al fiore di zucca, al supplì, al carciofo alla giudia e alla crema fritta (quest'ultima caduta in disuso negli ultimi decenni).
Nel Triveneto e nelle altre aree un tempo appartenenti all'antica Repubblica di Venezia il termine "baccalà" (es. baccalà alla vicentina) o bacalà ancor oggi identifica comunemente lo stoccafisso (merluzzo essiccato) e non il merluzzo salato. L'Italia è il secondo consumatore mondiale di questo prodotto, dopo il Portogallo.
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