giovedì 11 giugno 2015

LA CUCINA MANTOVANA

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Al centro della ricca Pianura Padana, Mantova si distingue per le diversità che la storia e la condizione geografica hanno creato dentro una marca di confine con altre 7 province. La Lombardia qui è all'estremo sud-est, mentre Veneto ed Emilia sono sull'uscio.
 
L'acqua e la terra sono il cuore di Mantova e della sua cucina che, tra i fasti delle tavole gonzaghesche e i sapori della tradizione popolare, "cucina di prìncipi e di popolo", sa proporre un gran numero di piatti tipici e una vasta offerta di ricette originali o rivisitate con grande capacità e fantasia dai cuochi virgiliani. Mettendosi a tavola, ci si accorge sempre di essere a Mantova per la particolarità dei profumi e dei sapori, pieni e fragranti, e per la genuinità e la generosità dei prodotti offerti.

Il pranzo tradizionale mantovano, che viene accompagnato dall'inizio alla fine da una vastissima gamma di pani tradizionali dalle forme più svariate, si apre con un assaggio di grépole (ciccioli di maiale), o di polenta e gras pistà (fettine di polenta abbrustolita, con sopra del lardo pestato e insaporito con prezzemolo e poco aglio) e di squisiti salumi, fra i quali troneggia il salame mantovano, con la sua particolarità di insaccato profumato con l'aglio; ad accompagnarli, in stagione, ottimi meloni, che in questa provincia sono prodotti nei tre grandi distretti di Viadana, Sermide e Rodigo.

Fra i prodotti tipici del mantovano, occorre ricordare la chisolìna (piccola schiacciatina friabile prodotta dai fornai ) e la chisòla (focaccia) nelle sue varie versioni, comunemente usate per gustose colazioni o merende, ma anche servite per accompagnare gli antipasti.

Il tradizionale antipasto mantovano è composto da salumi.
Il salame mantovano è un preparato a base di carne suina.
Ci sono testimonianze dagli scavi del Forcello, a sud di Mantova che anche gli Etruschi consumassero carne suina. Nel rinascimento i Gonzaga avevano a corte dei masin o masalin (norcino) che erano figure richieste e definiti "perfecto maestro de tal mestero". Isabella d'Este era ghiotta del salame (anche in alcune varianti come il "Salame della Lingua").
Il colore è rosso fragola, la pasta compatta e morbida, punteggiata di grassoli bianchi o rosa, mentre l'aggiunta di pepe e aglio fresco conferisce un caratteristico profumo e un sapore inconfondibile. La preparazione prevede esclusivamente l'uso di carni suine, macinate a grana grossa e condite con sale, pepe e aglio. L'impasto viene poi insaccato in budello di maiale e legato a mano. Successivamente avviene l'importantissimo processo di stagionatura, che può protrarsi dai 3 ai 6 mesi, a seconda delle dimensioni. L'aria umida della Pianura Padana contribuisce a formare le muffe bianche o color tortora, necessarie a garantire la qualità del risultato finale. Esistono diverse versioni di questo gustoso insaccato. Il budello deve essere naturale e può essere di diversi tipi:
il budello gentile (budello ottenuto dall'intestino retto del suino, molto grasso e di spessore elevato, permette una stagionatura e una conservazione più lunga)
il budello sottogentile (la parte più interna del gentile, usato per salami di pezzatura medio-piccola ad asciugatura medio-veloce)
il budello crespo o crespone (ottenuto dal colon, di forma più irregolare)
la mariola (intestino cieco)

I ciccioli mantovani, chiamati anche gréppole, sono un prodotto tipico della tradizione contadina mantovana per la loro consistenza ed apporto calorico. Vengono consumati abbinando la polenta.
Il grasso sottocutaneo del maiale viene tagliato a cubetti che vanno messi a cuocere in un pentolone con abbondante acqua. Dopo la cottura, i ciccioli diventano color arancio scuro e sono pronti. Estratti dal pentolone sono pressati in un panno di cotone e consumati caldi.

Seguono le deliziose e profumate minestre, di cui gli agnolini (pasta sfoglia ripiena di carni miste brasate e macinate) sono la più rinomata e alta espressione, come le finissime tagliatelle in brodo di carne o i maltagliati in minestrone rustico di fagioli. La pasta sfoglia dà origine anche alle ottime fettuccine con sugo di anitra o di piccione o a pappardelle con sughi di selvaggina (lepre, fagiano).
Fra le paste ripiene, i tortelli di zucca, inconfondibili per l'armonia di sapore dolce-salato, rimandano alla tradizione del mangiare di magro, ma oggi sono emblema della cucina mantovana, conditi solitamente con burro e salvia. Notevoli anche le paste fatte col torchio, come i maccheroni con pancetta e fagioli o con sugo di stracotto d'asino e i bigoli con le sarde (spaghettoni conditi appunto con sardelle o acciughe salate, sciolte in olio). L'esclusività però è rappresentata dai risotti, grazie anche alla tipica produzione del riso vialone nano nel territorio della sinistra Mincio, fra i quali il più famoso è cucinato alla pilota, cioè secondo l'uso degli antichi pilatori del riso, condito con pesto di carne di maiale e accompagnato dal pontèl, braciola o costina di maiale in umido. Ma unici e squisiti sono anche i risotti coi "frutti" della risaia: col pesce gatto, con la carpa, con la tinca, con la psina (piccoli pesci d'acqua dolce, ben fritti e croccanti) o con i saltarèi (gamberetti di fosso), oppure con le rane e con le lumache. Tipiche e buonissime anche le proposte di riso e zucca, riso e verze, riso e cipolle.

La pasta trita (o trida, tridarì) è un piatto della cucina mantovana. Dopo aver ottenuto un impasto abbastanza duro composto da farina, uova e sale, la pasta viene tritata (da cui il nome) su una grattugia a maglie grosse e raccolta su un panno. Una volta seccata, viene cotta in brodo di carne e servita calda.

La panàda è un piatto unico, di umili origini, preparato nelle campagne e adatto per la sua sostanziosità ai malati, anziani e bambini.
L'origine contadina di questo piatto è testimoniata dai suoi ingredienti: pane raffermo, brodo, olio di oliva, cannella, formaggio grana.
Il pane viene affettato e disposto in una casseruola, coperto con il brodo e bagnato dall'olio e lasciato riposare per circa mezz'ora. Quindi si cuoce a fuoco lento per circa tre quarti d'ora, mescolando frequentemente sino a quando si presenta come una crema densa. Si unisce il Grana Padano e si serve cospargendola con un filo di olio. Nel Veronese si usa pane raffermo grattugiato, ad uso della famosa salsa pearà, senza aggiunta di pepe.

Il bevr'in vin (dal dialetto mantovano bevr'in ven = bere nel vino) è una minestra che costituisce l'aperitivo e l'antipasto tipico della cucina mantovana.
Secondo la tradizione della terra gonzaghesca, i pasti debbono essere preceduti dal bevr'in vin, sempre servito in scodella preriscaldata, che viene preparato in tre differenti modi, in funzione del successivo primo piatto. È antica tradizione che questo piatto andasse mangiato in piedi davanti al camino acceso, dandosi vicendevolmente le spalle, per evitare la vista agli altri commensali, ritenendosi poco piacevole il colore del brodo mescolato al vino rosso.
Nel caso il primo piatto sia costituito da agnoli o da cappelletti, in brodo o asciutti, il bevr'in vin viene composto da un mestolo di brodo bollente, contenente alcuni agnoli o cappelletti. La temperatura verrà diminuita dal commensale aggiungendo a piacere vino rosso di forte corpo e preferibilmente frizzante, come il Lambrusco. Tale operazione viene anche definita «negàr i agnoi (caplét nel basso mantovano) in d'l'acqua scura», ovvero «annegare gli agnoli (i cappelletti) nell'acqua scura». Nei ristoranti, per favorire la comprensibilità dei menu ai turisti, questa versione del bevr'in vin viene spesso denominata sorbir d'agnoli.
Nel caso il primo piatto sia costituito da tortelli di zucca, il bevr'in vin viene composto da cinque o sei tortelli appena cotti, con un goccio d'acqua di cottura, ai quali viene aggiunto mezzo bicchiere di vino. Questa versione del bevr'in vin viene anche definita «turtei sguasarot», ovvero «tortelli sguazzanti», sottolineando la stranezza dei tortelli di zucca in minestra, differentemente sempre serviti asciutti.
Per tutti gli altri primi piatti, il bevr'in vin è semplicemente preparato con brodo di carne e mezzo bicchiere di vino.
Le varianti a queste tre versioni consistono esclusivamente nelle diverse tipologie e quantità di vino utilizzate, solitamente lambrusco, ancelotta o merlot, e nell'aggiunta (facoltativa) di formaggio grana grattugiato.
È antica credenza popolare che questo tipo di aperitivo-antipasto costituisca una sorta d'elisir di lunga vita e, a tale riguardo, un antichissimo proverbio mantovano, tuttora molto in uso, recita: «Al bervr'in vin l'è la salut ad l'omm», ovvero «il bere nel vino è la salute dell'uomo».

L'origine dei tortelli di zucca, la cui variante più nota sono i tortelli mantovani, si inserisce nell'antica e popolare tradizione culinaria di paste ripiene dell'Italia settentrionale. Tale tradizione risale almeno al Basso Medioevo mentre la zucca - come componente - risale a dopo il 1500, all'affermarsi della coltivazione dei nuovi ortaggi provenienti dal'America Centrale. Lo scopo di tali preparazioni era di ottenere un piatto gustoso e nutriente, con quel poco che l'economia contadina forniva.
I tortelli di zucca consistono in involucri di sfoglia all'uovo, solitamente di forma rettangolare della dimensione chiusa di circa 60 x 35 mm, farciti con un impasto di zucca bollita, amaretti, mostarda, formaggio grana e noce moscata.
A buon titolo inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani, è il piatto simbolo della cucina mantovana, ma è diffuso, con poche varianti, anche nelle vicine province di Parma, Reggio nell'Emilia, Ferrara e Cremona. La caratteristica saliente di questo piatto è la combinazione del sapore dolce della zucca, con il salato del formaggio grana, con il dolce-amaro degli amaretti ed il piccante della mostarda. Assieme ai tortelli cremaschi, è l'unico altro piatto di pasta ripiena dolce della Lombardia. Nel Piacentino esiste invece una variante che presenta un ripieno senza i caratteristici amaretti e la mostarda, composto solo da zucca lessa e passata al passaverdura, grana e ricotta.
Al fine di mantenere il giusto equilibrio tra i diversi sapori, è necessario prestare una particolare attenzione ai dosaggi e, forse per questo motivo, poche e quasi trascurabili sono le varianti che, nel corso dei secoli, hanno modificato la composizione del ripieno. La ricetta ferrarese NON PREVEDE l'uso della mostarda o amaretti, mentre quella cremonese usa la mostarda dolce.
L'unico ingrediente di cui si è persa memoria è il seme di luccio, utilizzato fino al XVIII secolo per meglio legare i componenti dell'impasto.
Il condimento tradizionale dei tortelli di zucca è costituito da burro fuso in tegame, leggermente scurito ed aromatizzato con salvia, versato direttamente nel piatto del commensale ed aggiunto di abbondante grana grattugiato. A partire dalla seconda metà del XIX secolo, si sono diffusi anche altri tipi di condimenti, a base di burro soffritto con cipolla e pomodoro, unito a lardo, pancetta o pesto di maiale. Nel Piacentino, sono talvolta accompagnati da sughi "rossi" con funghi porcini.
Nelle province mantovana, piacentina e reggiana, sopravvive l'antica tradizione di preparare i tortelli di zucca come primo piatto della cena per la Vigilia di Natale, nata in ragione del precetto religioso cattolico che, in quel giorno, vietava la consumazione della carne.

I bigoli sono una pasta lunga, simile ad un grosso spaghetto, di origine veneta, diffusi in tutta la regione e anche nella Lombardia Orientale.
Nella ricetta originale sono preparati con grano tenero, acqua e sale.
La principale caratteristica di questa pasta è la sua ruvidità, che le consente di trattenere sughi e condimenti; questa sua peculiarità le viene donata dal tipo di preparazione a trafila che impiega torchi a forma tradizionale e originariamente azionato a mano. Si chiamano comunque bigoli anche quelli di sezione quadrangolare creati con l'apposito rullo, azionato sia a manovella sia con motore elettrico.
Esistono alcune varianti di questa pasta che si ottengono variando il tipo di farina (usando la farina saracena si ottengono i bigoli scuri o, meglio, "bigoli mori", specialità di Bassano del Grappa e area circostante) o aggiungendo l'uovo nell'impasto.
I bigoli vengono conditi con sughi tradizionali, in particolare con ragù d'anatra, "bigoli co l'arna" in veneto, un normale ragù di carne, ovviamente di anatra, con o senza salsa di pomodoro, o serviti in salsa, stavolta con la classica salsa di pomodoro italiana, arricchita eventualmente con qualsiasi altro ingrediente acconcio, o con le sardine o sardelle (bigoli co le sardele). In realtà preferibile alla sardina è l'acciuga, che comunque in veneto può essere chiamata anch'essa "sardela", dal gusto più delicato e con decisamente minore sentore di sentina della sardina. Contrariamente agli altri condimenti di pesce, accetta abbastanza bene i formaggi come il grana, il parmigiano o l'asiago stagionato, anche se l'ottima scelta sarebbe il pangrattato saltato nel burro, insaporito con alloro, rosmarino e timo. Sale q.b., come sempre.
Ogni anno l'ultima settimana di aprile si tiene a Limena la cosiddetta "festa dei bigoi al torcio". Tutti i sabati e le domeniche di maggio si tiene la festa dei bigoli a Rovolon, in località Carbonara. Il terzo fine settimana di maggio e ad agosto durante San Bartolomeo si tiene la festa dei bigoli anche ad Abano Terme in località Monterosso. I bigoli di Monterosso, hanno ottenuto nel 2014 la denominazione comunale (de.co) marchio di garanzia in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali. Altra sagra paesana si tiene a Ceneselli solitamente a cavallo tra la penultima e l'ultima settimana di agosto, con il nome dialettale di "Festa dal bigul al torc". Un'altra sagra dei Bigoli si tiene tutti gli anni a Costacciaro (PG) il 17 ed il 18 agosto. Altra sagra rinomata è quella dei "Bigoi de Bassan" di Bassano del Grappa (VI) che si tiene tutti gli anni nel quartiere Ca'Baroncello nel fine settimana della prima settimana di settembre.

Gli gnocchi di zucca sono un prodotto tipico della tradizione culinaria mantovana.
Viene lessata la zucca in acqua salata e dopo averla scolata viene passata setaccio. Si aggiunge farina, uova e sale mescolando e amalgamando gli ingredienti. Si formano gli gnocchi che vengono cotti in acqua salata. Vengono conditi con burro fuso, salvia e grana.

I capunsei , detti anche “gnocchi di pane”, dalla forma cilindrica affusolata, sono un tipico prodotto della tradizione contadina mantovana, molto sostanzioso, che può essere consumato in brodo o asciutto e condito con burro fuso o ragù.
Una ricetta antichissima portata nella zona di Volta Mantovana e delle colline moreniche da emigranti tirolesi.
Quale riscoperta della cucina povera, dopo la seconda guerra mondiale, il capunsel comincio' ad essere servito anche nelle osterie e quindi nei ristoranti. L’inserimento nel menu dei locali costituì la fortuna di questo particolare piatto, che è stato così valorizzato e riconosciuto dalla regione Lombardia.
La sua affermazione definitiva l'ha avuta proprio quando la Regione lo ha "nominato" prodotto protetto. La ricetta autentica del capunsel è venuta da una ricerca gastronomica che ha interessato tutti i paesi dell'Alto Mantovano.
A seconda delle varie località delle colline moreniche mantovane, il capunsel viene cucinato con alcune varianti. Per esempio a Solferino essi hanno una variante che si fa risalire ai tempi dei Gonzaga, cioè l’aggiunta di amaretti sbriciolati all’impasto. La confraternita del Capunsèl di Solferino ha inteso promuoverlo e tutelarlo. I capunsei sono a Guidizzolo serviti o in brodo o asciutti conditi con olio, burro, prezzemolo, cipolla, aglio, basilico, salvia e rosmarino leggermente soffritti. A Volta i capunsei sono serviti in burro fuso o con un trito di erbe aromatiche.

Il riso alla pilota è un piatto tipico della cucina mantovana.
Si cuoce il riso in acqua bollente. A parte si fa soffriggere nel burro il pesto (pistume) di maiale e quando il riso è cotto si aggiunge il condimento, mescolando il tutto col formaggio grana. Il nome “pilota” deriva dal nome dell'addetto alla "pila", una sorta di mortaio in cui avviene la sbucciatura e la pulitura del riso.
Del piatto esiste anche la variante, detta col puntèl, per la presenza sopra il riso di una braciola di maiale che viene consumata assieme.

Il risotto con i saltaréi è un piatto tipico della cucina mantovana.
Si cuoce il riso in acqua bollente. A parte si fanno friggere nell'olio bollente i gamberetti di fiume e quando il riso è cotto si aggiunge il condimento, mescolando il tutto. Può essere anche considerato come piatto unico.
Fra i secondi piatti spiccano le carni di maiale variamente proposte, dove si distingue per bontà il tipico cotechino, ma la tradizione propone principalmente lo stracotto d'asino o di cavallo, accompagnato da polenta gialla fumante in un sugo di verdure e vino rosso. La tipicità, frutto del particolare ambiente lacustre, è però rappresentata soprattutto dall'appetitoso luccio in salsa, lessato e condito con un trito di capperi, acciughe, peperoni e prezzemolo, oppure con olio, grana e limone, e servito con polenta abbrustolita. Una menzione particolare per la trippa (di manzo o di maiale) che nel mantovano è uso mangiare "fuori pasto", per colazione o per merenda, ma che viene comunemente offerta anche come "antipasto" o secondo. Altro secondo tipico, da una ricetta del 1622 di Bartolomeo Stefani, cuoco della famiglia Gonzaga, è il cappone alla Stefani. Qui la carne di cappone viene servita a piccoli tocchetti su un letto di verdurine di stagione e condita con uvetta e agrumi canditi.
Dopo questa varietà di sapori, non bisogna mancare di assaporare qualche scaglia di formaggio grana, padano o parmigiano, che nel territorio mantovano trovano la maggior quantità di produzione, magari esaltato dalla piccante mostarda mantovana o semplicemente accompagnato con una delle varietà di pera prodotte nel territorio mantovano. Le produzioni di pere William, Conference, Decana del Comizio, Abate Fetel e Kaiser che si producono nel Mantovano usufruiscono del marchio I.G.P. - Indicazione Geografica Protetta.
Tra le tante proposte di dolci, da forno e da pasticceria, si distinguono la torta Sbrisolona, fatta con farina gialla, mandorle e strutto, l'Anello di Monaco, dolce lievitato e farcito, la Torta di Tagliatelle, la raffinata Helvetia, il rustico e tradizionale Bussolano, l'esclusiva Millefoglie, la particolare Torta di Zucca o la stupenda Torta delle Rose. E poi un dessert suggestivo, il sùgol, budino fatto col mosto di uva.

La sbrisolòna è un dolce del Nord Italia, originario della città di Mantova,ed è comunemente prodotto e consumato in Lombardia, Emilia-Romagna e nel Veronese.
Il nome deriva dal sostantivo brìsa, che in mantovano vuol dire briciola e pare che la ricetta risalga a prima del '600 quando arrivò anche alla corte dei Gonzaga.
Si tratta di una torta di povere origini, all'inizio infatti gli ingredienti erano quelli tipici della tradizione contadina (farina di mais, strutto e nocciole) e negli anni si sono raffinati.
La ricetta oggi prevede che le farine (bianca e gialla) e lo zucchero siano in parti uguali, ragione per cui in passato questo dolce era detto "torta delle tre tazze",inoltre gli ingredienti non devono essere sminuzzati, anzi, il tratto caratteristico del dolce sta nella sua consistenza irregolare, dovuta alla lavorazione veloce e al taglio grossolano delle mandorle.
Si distingue da altre preparazioni, proprio per il metodo di lavorazione e per come viene servito, infatti questo dolce non dev'essere tagliato in fette regolari, ma spezzato con le mani e si consiglia di accompagnarlo con un vino liquoroso come il Malvasia, il Vin Santo o il Passito di Pantelleria.
Caratteristica inconfondibile della torta è la sua friabilità che la porta a sbriciolarsi con estrema facilità (da cui il nome che nelle lingue gallo-italiche significa "sbriciolona" o "sbriciolata").

L'Elvezia o Helvezia è un tipico dolce della cucina mantovana.
Dal 1789 in poi, Mantova ha accolto decine di pasticceri e caffettieri svizzeri, prevalentemente immigrati dal Cantone dei Grigioni. Tra questi la pasticceria gestita dalla famiglia di Samson Putscher a cui si deve l'invenzione della torta elvezia dedicata evidentemente alla loro nazione d'origine. Alla ricca componente mitteleuropea si innestarono prodotti tipici della pasticceria mantovana come lo zabaione e la pasta di mandorle.
È un dolce costituito da tre dischi rotondi di pasta di mandorle, zucchero e albumi montati fatti cuocere nel forno e farcito con due strati di zabaione e cioccolato ed eventualmente con altri ingredienti come panna montata o gocce di cioccolato fondente.

La torta di tagliatelle è uno dei dolci più apprezzati della tradizione locale. Ha forma rotonda, di colore giallo-bruno a crosta secca.
La preparazione avviene in due tempi: prima la preparazione della sfoglia che arricchirà a strati la torta a tagliatelle sottilissime e quindi l'impasto di mandorle e zucchero che verrà inserito nella sfoglia stessa.
In tempi lontani la torta veniva preparata il giorno di Santa Lucia (13 dicembre) per essere quindi consumata durante le feste di Natale.

La torta mantovana è un dolce il cui nome non è legato al territorio bensì, probabilmente, a vicende storiche. È relativamente diffuso in Toscana e la zona tradizionale di produzione è Prato. Famosa è quella sfornata dallo stesso biscottificio che produce i Biscotti di Prato. È un dolce a pasta soffice e profumata, di un colore giallo intenso, ricca di mandorle, burro e spolverata abbondantemente di zucchero a velo. È ottima come dessert ma anche come dolce da prima colazione o da merenda. La si accompagna benissimo con il caffè, il latte o il te.
Gli eventi che riconducono al particolare nome sono legati alla vicenda che ha per metà il sapore di leggenda e per metà quello della storia. Si racconta che la ricetta della "mantovana" fosse un lascito, alla corte De'Medici, di Isabella d'Este che a 16 anni nel 1490 sposò Francesco II Gonzaga, divenendo così Marchesa di Mantova.
La Marchesa nel 1514 fu ospite di papa Leone X a Roma, città in cui tornò più volte negli anni a venire. In quelle occasioni Isabella d'Este scelse Firenze come città di transito.
Prato, come la città di Mantova, fu dominio dei longobardi: potrebbe essere un'altra spiegazione del nome, ricondotto a quel particolare periodo storico.
Un'altra teoria sull'origine del nome narra che nel 1875 due suore di Mantova in pellegrinaggio verso Roma per il Giubileo furono ospitate da Antonio Mattei, e queste per ringraziarlo gli donarono la ricetta della torta Mantovana.

L'anello di Monaco è un tipico dolce natalizio.
È un dolce dalla complessa preparazione prodotto artigianalmente esclusivamente dai forni e dalle pasticcerie della città di Mantova e nel solo periodo natalizio. Dolce di pasta lievitata, appare simile a un panettone con un foro interno, glassato con zucchero in superficie e farcito di crema a base di nocciole o noci o con marron glacé tritati e in altre versioni con cioccolato. Nella forma ricorda anche una ciambella di notevole altezza (20-30 cm), nella sommità decorata dalla glassa bianca zuccherata. Internamente la pasta appare di colore giallo contenente mandorle e uvetta, e avvolgente la farcitura prescelta. L'anello di Monaco emana un profumo e un sapore di nocciole e burro.
Dal 1789 in poi, Mantova ha accolto decine di pasticceri e caffettieri svizzeri, prevalentemente immigrati dal Cantone dei Grigioni, che importarono dolci della loro tradizione come facilmente rilevabile anche da un altro tipico dolce mantovano, l'Helvetia. Ne consegue che anche le origini dell'Anello di Monaco sono da ricercarsi in area svizzera-austro-tedesca. Fu infatti nel 1798 che la famiglia di Adolf Putscher di origine svizzera, propose per la prima volta ai mantovani l'Anello di Monaco, produzione che fu poi perfezionata localmente durante la dominazione austriaca. Possiamo considerarlo la versione cisalpina del dolce germanico Gugelhupf.
Il nome fu imposto dall'uso dei cittadini mantovani in sostituzione del più ostico nome tedesco Kugelhupf, di cui è una derivazione. Probabilmente a suggerirne il nome fu la forma e la ricchezza dell'impasto e nell'immaginare la nota città di Monaco di Baviera come collocata in Svizzera. Altre ipotesi fanno risalire l'origine del nome ai monaci benedettini.

Il bussolano (o bussolà) è una morbida ciambella.
Si presenta di consistenza molto dura, data la mancanza di lievito, e viene inzuppato direttamente nel vino lambrusco.

Il sugolo (o budino d'uva) è una sorta di budino di origini antichissime della vita contadina che si prepara nel periodo della vendemmia usando il mosto pigiato legato con la farina.

A coronare la mensa ci sono i vini, che stanno riscuotendo sempre maggiori riconoscimenti, anche per il grande lavoro sulla qualità impostato da alcune aziende. Ottimi i rossi Cabernet, Merlot, Rubino, e i bianchi Chardonnay, Tocaj, Pinot, Riesling, prodotti a DOC e a IGT dell'Alto Mincio e dei Colli Morenici Mantovani del Garda. Da provare assolutamente, per le qualità che lo differenziano da quelli modenesi e reggiani e per lo spontaneo abbinamento a tanti dei piatti sopra citati, il Lambrusco Mantovano DOC, prodotto nell'area Viadanese-Sabbionetana e in quella dell'Oltrepo.




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